RUBRICA: In viaggio con gli amici più fedeli
A volte uno sguardo, degli occhi che fissano dicono più di tante parole. Jasper è stato torturato in una gabbia per sedici anni e, quando è stato salvato, aveva il metal-jacket, una “giacca” di metallo che serve per non far muovere il catetere infilato nella cistifellea, per prelevare la sua bile. Una vita atroce, che non si può augurare a nessuno.
Come lui ci sono ancora tanti orsi nei paesi asiatici, che stanno soffrendo in attesa di una libertà che non arriverà mai. Altri hanno trovato pace nei centri di raccolta di Animals Asia Foundation, l’associazione fondata da Jill Robinson per la difesa degli animali urbani e selvaggi in Asia, che ha lanciato le campagne “End Bear Farming” e “Moon Bear Rescue”, per chiudere tutte le “fattorie” che praticano il commercio della bile degli orsi. Di 208 allevamenti stimati in Cina, 41 sono già stati chiusi dal Governo, ma la via dall’inferno al paradiso per questi animali è ancora lunga.
Jasper, coi suoi occhi dolci e la sua voglia di vivere è diventato il “poster-boy” della campagna a favore degli orsi in Italia e da un po’ di anni è libero e felice.
Si deve sapere che l’orso bruno asiatico è particolare, quasi magico, nel senso che una macchia gialla a forma di luna stampata sul dorso li fa chiamare “moon bears”, “orsi della luna”. I loro occhi sono nocciola e il loro pelo nero o marrone scuro, vivono in diverse zone dell’Asia, dal Pakistan al Giappone. Sono considerati carnivori, a volte si nutrono di piccoli mammiferi, uccelli e insetti, anche se la loro dieta è principalmente onnivora. Adorano frutta, vegetali e nocciole. Sono molto intelligenti e hanno un grande vocabolario, che esprimono in suoni, al meglio, anche quando giocano. Per esempio “tut-tut-tut” è il suono che esprimono quando vogliono essere cauti. Inoltre le femmine sono molto più “chiacchierone” dei maschi. Tendono in genere a essere solitari e si fanno vedere di rado, essendo timidi, di solito all’alba e al tramonto.
Adorano addormentarsi nelle caverne, ma, spesso, anche direttamente sugli alberi, hanno infatti zampe corte con cui si arrampicano facilmente.
Possono vivere fino a 35 anni e vanno in letargo da novembre a marzo o aprile. Tendono a mettere al mondo gemelli, di solito ad aprile e maggio. Questo in natura, nel loro ambiente naturale, dove ne sono rimasti solo 16.000 esemplari.
Qui la testimonianza di Daniela Bellon, la promotrice in Italia della campagna contro questa pratica terribile:“Ci sono dei mondi che non riusciamo neanche a immaginare e atrocità che non riusciamo a pensare. Ci sono invece persone che riescono a immaginare, a pensare e, soprattutto, a mettere in atto ferocie inaudite, usando la tortura quotidiana su uno o più animali. Le fabbriche della bile sono una di queste realtà di sofferenza, dove centinaia di orsi vengono tenuti e “munti” della propria bile due volte al giorno, finché vivono, o meglio, sopravvivono. Lo strazio e il dolore che provano questi animali sono indescrivibili; le loro urla raggiungono spazi immensi, ma vuoti, perché nessuno li può sentire.
E, come la volpina che presa al laccio della trappola scava con tutte le sue forze una buca davanti a sé nell’ultimo, disperato e purtroppo inutile tentativo di liberarsi, noi cerchiamo di scavare dentro la coscienza di tanti esseri umani, sperando che, almeno il nostro, non sia un tentativo vano. Già perché la libertà è il passaggio dall’inferno al paradiso, per tutti noi. Chi non la possiede, la anela. Chi ce l’ha, non vuole perderla. In nome della Libertà sono state scritte le pagine più belle della letteratura mondiale, sono stati fatti i sogni più grandi, sono stati disegnati i cieli più azzurri.
Animals Asia Foundation si occupa di ridare dignità e libertà agli orsi, che passano lunghi anni della loro vita chiusi in squallide, piccolissime gabbie per una pratica che non ha davvero nessun senso di esistere. La loro bile è, infatti, completamente sostituibile da prodotti di erboristeria o di sintesi.
Riuscire a ridare la libertà a quegli orsi è un motivo di orgoglio per chi, come Jill fondatrice di un’associazione e di un centro di recupero, ne ha fatto un percorso di vita.
Tutti quegli orsi possono essere liberati, se ognuno di noi ne fa un percorso di vita per un singolo momento, perché è l’oblio la condizione più terribile, mentre il pensiero, fino a quando viene esercitato, denuncia e rassicura allo stesso tempo. Quindi, anche solo parlare di loro e magari riuscire a fare qualcosa è un modo per renderli liberi, per non dimenticarli tenendoli rinchiusi nel loro triste dolore, per non abbandonarli al loro destino, per sapere che la speranza, che un giorno tutto questo finisca, esiste ed è una possibilità concreta.
Chi aiuta un orso può scoprire come avvicinare distanze che sembrano inavvicinabili, può, come diceva Oscar Wilde, assorbire i colori della vita riempiendo quegli spazi vuoti, perché in questo modo gli permettiamo di comunicare con noi”.
Info: Animals Asia Foundation
Rubrica a cura di Alessandra Mattanza
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