La corona di Alpi e Prealpi che si estende dalle Dolomiti giungendo a lambire le alte valli di Belluno, fino a non molti anni fa non era certo una terra ricca. Però dove possibile si coltivava, allevava, strappava ad ogni fazzoletto di suolo tutto ciò che poteva dare.

Oggi ritroviamo un po’ ovunque produzioni tipiche, ricette uniche, il marchio di un’identità, una storia, tante tradizioni. Sapori veri, spesso evocativi, gelosamente custoditi e tramandati.
Le montagne del Veneto offrono prodotti esclusivi, alcuni noti, tutelati da denominazioni, altri di nicchia, o addirittura rarissimi, estremamente localizzati.
Svariando fra cibi e bevande, tutti meritano di essere scoperti e di entrare nel viaggio.
Ecco una carrellata, ovviamente parziale. Al lettore il compito di completare il paniere pescando nelle sue esperienze trascorse. O in quelle future…
Formaggi, le Dop e le malghe

Nel territorio montano non mancano alpeggi e altipiani. Questo ha sempre significato foraggi e allevamenti di mucche, capre, pecore. Dunque, carni, latte e, naturalmente, formaggio. Fresco, stagionato, affumicato.
Fra i più famosi certamente troviamo l’Asiago DOP. Prodotto fin dall’undicesimo secolo sull’altopiano da cui prende il nome, veniva un tempo confezionato esclusivamente con latte di pecora, mentre oggi si utilizza solo latte vaccino. Si trova in commercio nelle varietà Pressato o d’Allevo.
L’ Asiago DOP è un ottimo formaggio da tavola, per fondute, da accompagnare soprattutto con una polenta fumante, oppure come ingrediente in torte di verdura.
Nella stessa area, verso la Valsugana, da cercare il cugino meno noto, l’Enego, prodotto nel comune omonimo. Altra denominazione rinomata, il Piave DOP è un formaggio tramandato di generazione in generazione nel Bellunese.
Le sue origini risalgono alla fine dell’Ottocento con la fondazione delle prime latterie turnarie montane d’Italia. Sull’altopiano di Asiago la capra è ancora una risorsa importante.
In alcune malghe dal latte delle varietà Camosciata delle Alpi e Saanen si ricava il Caciocapra, bello sostanzioso e gustoso, che stagiona tra i 2 e i 4 mesi.
Per ogni territorio tradizioni casearie

Si cambia zona geografica per incontrare il Cansiglio, formaggio vaccino prodotto sull’omonimo altopiano veneto condiviso con il Friuli. Da consumarsi fresco, a media o lunga stagionatura per apprezzarne tutte le sfumature.
Nelle valli bellunesi altre specialità. Come lo Schiz, da latte di mucca. Gusto delicato, colore bianco candido, freschezza: si salta in padella col burro e si accompagna a polenta o pane croccante: trattenere la salivazione…
O come il Binatega, tradizione delle Alpi Agordine. Vincitore di numerosi premi, stagionato si può grattugiare; e ne vale la pena.
Nelle malghe dell’alto trevigiano si produce il Bastardo Nero del Grappa, dalla crosta scura, frutto di un errore del casaro (come spesso capita per i migliori), originale e particolarmente sapido.
Rinomato e ricercato da chef e intenditori, il Burro di malga si distingue per il colore giallo intenso, dovuto all’alimentazione delle vacche al pascolo, per il contenuto maggiore di preziosi omega 3 e omega 6, nonché per il gusto inimitabile, ça va sans dire.
Si fa un po’ ovunque sulle montagne venete, in particolare nel Bellunese. Apprezzato già dall’antichità il botiro di Primiero, che non mancava mai sulle tavole dei notabili serenissimi.
La pecora e il fagiolo, ottimo abbinamento

Fra le carni meritano una citazione le pecore e gli agnelli dell’Alpago, territorio nell’estrema zona orientale della provincia di Belluno.
La pecora alpagota, presidio Slow Food, è una razza autoctona adatta all’ambiente montano. Un ovino apprezzato tanto per la produzione di latte e di lana quanto per l’ottima carne.
Le produzioni agricole vantano alcune eccellenze a prova di gourmand. Ecco allora il pregiato Fagiolo di Lamon della vallata bellunese IGP, coltivato esclusivamente nel comprensorio delle comunità montane di Feltrino Bellunese e Val Belluna.
Vengono prodotte quattro varietà: lo spagnolo (grande e carnoso, ottimo in insalata), il calonega (consigliato in minestra), il canalino (scuro e sodo, adatto alle passate), lo spagnolit (piccolo e tenero, ideale per gustose insalate).
Il dono dei campi e le grandi castagne. Le tenere noci e le mele teutoniche

Parliamo ora di un regalo della primavera ma adeguatamente preparato lo si trova e assapora anche nei mesi invernali. Il Tarassaco di Conco, nell’Altopiano di Asiago, fiorisce nei primi mesi caldi pennellando i prati di un giallo dorato.
Le foglie più tenere si consumano fresche in insalata, in padella, in risotti, altre preparazioni o addirittura in alcuni dolci (ad esempio biscotti e frittelle). Sfiziosi i boccioli, che si possono conservare fra l’altro sottaceto, come i capperi.
Cibo popolare in versione super: la Patata di Cesiomaggiore, fra i prodotti più apprezzati nel paniere delle specialità agro-alimentari delle Dolomiti Bellunesi. L’albero “del pane” dei montanari fornisce deliziosi Marroni.
Molto noti sono quelli di Monfenera IGP e di Combai IGP, entrambi nel Trevigiano. Altro frutto che scalda il cuore dell’inverno: la noce. Qui domina la Noce feltrina, dal guscio sottile, tipica del Bellunese.
Una regina per i dolci alle mele. È il Pom prussian, coltivato in particolare nella zona di Faller di Sovramonte, alle pendici occidentali del Monte Avena, nel Bellunese.
Un pane che sa di antico, salumi spaziali per accompagnarlo

Se la castagna ha salvato più di una generazione, quando possibile il pane non poteva mancare, anche utilizzando i cereali più “poveri” dell’agricoltura montana. La panificazione veneta vanta una tradizione secolare.
Nella zona di Cortina d’Ampezzo e delle vallate ladine del Bellunese si prepara l’antica Puccia, impastando farina di segale e grano tenero.
Questo pane buonissimo, capace di conservarsi a lungo, viene insaporito con semi di cumino, semi di finocchio e con una varietà di origano selvatico locale chiamato zigoinr.
Se parliamo di salumi, la montagna del Veneto produce parte delle specialità presenti in tutta la regione, e alcune chicche, con qualche zona particolarmente vocata.
È il caso dell’area compresa fra le Piccole Dolomiti, l’Altopiano di Asiago ed i Colli Berici, dove impera la Soprèssa Vicentina DOP (attenzione: con una sola p!).
Non è salame, non è salsiccia, ma solo il pastin: carni di maiale e manzo, più spezie per una specialità ottima alla griglia. Si produce nel territorio di Agordino, Valzoldana, Alpago e Valbelluna, in provincia di Belluno.
La zuppa povera dei montanari, gli gnocchi a cascata, i ravioli di quota

Ci avviciniamo sempre più alla tavola. E allora qualche ricetta tipica, per restituirci il profumo di abetaie, malghe e focolari.
Ancora il mondo ladino per una preparazione dei tempi più grami, quando ci si doveva industriare per sfamare la famiglia.
Non è facile oggi trovarla: la dùfa, zuppa contadina del territorio agordino, viene preparata con latte, acqua, farina di mais, di grano, sale.
Ha la consistenza di una crema e viene condita con burro e Puina ‘nfumegada (ricotta affumicata).
Chiunque abbia visitato le dolomiti venete deve aver incrociato i casunziei (o casumzei).
Appetitosi ravioli di pasta all’uovo ripieni di barbabietole e solitamente conditi con burro di malga, e talvolta ricotta affumicata e semi di papavero.
Si trovano in particolare a Cortina d’Ampezzo e nei Comuni della Comunità della Val del Boite e dell’Agordino.
Fra le paste, gli gnocchi sono un must che viene preparato in varie versioni. Da segnalare per tipicità gli gnochi sbatui (sbattuti) realizzati al momento con burro e formaggio prodotti direttamente in malga, ricetta molto diffusa nella Lessinia.
Da non dimenticare poi i canederli e la zuppa d’orzo, corroboranti nelle giornate fredde.
I dolci dei nonni: semplici, gustosi, salubri

Qualche dolce, per aggiustare la bocca. Si sforna sull’Altipiano di Asiago la Torta Ortigara, soffice e delicata. Nonostante la fama di luogo privilegiato, l’Ampezzano offre molte specialità tradizionali in cui prevale l’utilizzo di ingredienti semplici e popolari.
I carafoi di zigar, per esempio, sono tipiche frittelle arricchite dal gusto delicato del zigar, una sorta di ricotta. La brazorà è una treccia semidolce chiusa a ciambella e decorata con granella di zucchero.
C’è poi il classico strudel ma d’uva, con un ripieno di acini interi, nocciole, burro, grappa e pangrattato, servito con una salsa tiepida a base di mosto d’uva, tuorli d’uovo e zucchero.
Davvero rustico il buchteln al miglio, che nasce da un impasto di farina gialla, miglio, uova, zucchero e burro, tagliato in friabili fagottini dal ripieno con semi di papavero, mandorle e marmellata di albicocche.
I nighele sono piccoli krapfen vuoti, solo spolverizzati di zucchero a velo o cosparsi di semi di papavero e miele liquefatto. Ancora frittelle, ma a forma di ciambella e ricche di uvetta, mandorle e grappa, sono le kniekuchel che si gustano con zabaione fluido e polpa di mirtilli. Abbiamo accennato al miele. In tutto l’arco montano veneto se ne trova di ottima qualità. Alcuni mieli posseggono la denominazione DOP.
Sempre ottimi vini, e il Gin ci fa un baffo…

Con tutto questo cibo, è forse possibile trascurare un buon vino? Il Veneto fornisce notoriamente etichette prestigiose, dall’Amarone al Soave, dal Prosecco al Lugana, etc.
Fra i vini tipici migliori prodotti ad altitudini ragguardevoli troviamo il Monti Lessini Durello DOC e il il Monti Lessini Bianco DOC, il Monti Lessini Pinot Nero DOC. Ma siamo giunti a fine pasto. Citare le grandi grappe venete suona un po’ scontato.
E allora ecco qualcosa di originale, da veri intenditori. Il Kranebet, dal Cimbro “Kraneveta”, è un liquore ottenuto dalla distillazione delle bacche di ginepro e radici alpine, la cui ricetta originale risale al 1929.
Nasce nel territorio di Asiago, per questo lo slogan è “chi lo beve respira la montagna”. Digestivo potente, la folta schiera dei neo appassionati di Gin potranno testarlo senza rimpianti per cocktail e long drink: provare per credere.
Informazioni sul sito Veneto.eu
Testo Gianfranco Podestà |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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