Pochi luoghi incarnano le contraddizioni di Napoli come il Rione Sanità. Situato in una valle, luogo di sepoltura in età greco-romana, è oggi un patrimonio storico-artistico a cielo aperto tutto da scoprire.

Utilizzato fin dall’epoca greco-romana come luogo di sepoltura, il Rione Sanità di Napoli ha origini antichissime: nel XVII secolo, con la costruzione della Basilica di Santa Maria, l’area fu scelta da nobili e borghesi napoletani per le proprie dimore e un secolo dopo le sue strade segnarono il tragitto della famiglia reale che dal centro della città si recavano alla Reggia di Capodimonte.
Ma, a causa del percorso tortuoso, a inizio Ottocento, Giuseppe Bonaparte prima e Gioacchino Murat poi ritennero necessaria la costruzione di un collegamento diretto, il Ponte della Sanità. Il risultato fu notevole in termini di viabilità, ma disastroso per il Rione che iniziò via via a essere tagliato fuori dalla vita cittadina.
Eppure la Sanità conserva un patrimonio immenso e nascosto, in un quartiere che da sempre mostra una naturale propensione all’arte e alla creatività, espresse nel modo di vivere dei suoi abitanti.
1. Palazzo dello Spagnolo

Addentrandosi nel budello di vicoli, voci e profumi della Sanità, si scorge l’ingresso di uno dei palazzi più importanti di Napoli: è il Palazzo dello Spagnolo, eretto nel 1738 dall’architetto Ferdinando Sanfelice su commissione del marchese Nicola Moscati. Il palazzo è forse il più pregevole esempio di architettura civile in stile barocco napoletano, grazie soprattutto all’imponente scala principale a doppia rampa, che costituisce la facciata interna dell’edificio e che fu pensata come luogo di incontro e di vita sociale per gli inquilini del palazzo.
Tutto l’edificio è caratterizzato da decorazioni in stucco in stile rococò, spesso con medaglioni raffiguranti i ritratti delle famiglie che vi abitavano. Frequenti erano le visite di re Carlo di Borbone, che nel palazzo cambiava i cavalli per prendere dei buoi, unici animali in grado di portarlo fino a Capodimonte lungo la ripida via Vergini. Sul finire del Settecento, l’edificio venne acquistato da un nobile di Spagna, Tommaso Atienza, detto “lo Spagnolo”: da qui il motivo per cui il palazzo si chiama ancora così.
2. Casa natale di Totò

Il percorso nella Sanità non può prescindere dalla visita alla Casa natale di Totò in Via Santa Maria Antesaecula. Il principe De Curtis nacque in una condizione di grande disagio economico e familiare da una relazione clandestina del padre, il marchese Giuseppe.
Anche se ben presto la famiglia si trasferì a Roma, il principe non dimenticò mai il suo amato Rione come dimostra il fatto che, di tanto in tanto, si aggirava per le strade del quartiere a lasciare banconote da diecimila lire sotto le porte delle famiglie più bisognose. Il legame con la Sanità era così forte che, alla morte di Totò, dopo i due funerali a Roma e a Napoli, il popolo volle rendere il proprio sentito omaggio al principe, celebrandone un terzo proprio nel “suo” Rione.
3. Palazzo Sanfelice

Altro esempio di architettura sanfeliciana nel Rione Sanità è Palazzo Sanfelice. Tra il 1724 e il 1728, il Sanfelice costruì la propria abitazione accanto ad un preesistente edificio acquistato dalla famiglia e inglobato nel progetto della maestosa residenza. La facciata è scandita dalle aperture di sette finestre decorate con stucchi, timpani piatti e tondi e con decorazioni con il sesto arcuato verso l’esterno.
Notevoli sono i cortili che fungono da scenografia insieme alle scale: il primo cortile è a pianta ottagonale e permette di accedere al vestibolo con i resti di affreschi degli stemmi nobiliari dei proprietari; il secondo cortile, di pianta rettangolare, conserva una scala sanfeliciana ad ali di falco che fa da proscenio al giardino retrostante.
Sulle scale d’ingresso si nota la copertura degli scalini in pietra di lavagna inserita dal Sanfelice in onore della moglie originaria del paese di Lavagna in Liguria. Ed è proprio sulla famosa scala in piperno che furono ambientate alcune scene del film “Questi fantasmi”, versione cinematografica del 1967 della commedia di Eduardo De Filippo.
4. Basilica Santa Maria della Sanità

Vero cuore pulsante del Rione è la Basilica Santa Maria della Sanità, considerata l’opera più ardita dell’architetto domenicano Fra Nuvolo, che diede forma a uno dei principali esempi del barocco napoletano tra il 1602 e il 1610. Il suo tratto distintivo è la cupola con maioliche gialle e verdi, visibile da tutta la città attraversando il ponte della Sanità.
La Basilica è anche conosciuta come chiesa di San Vincenzo ‘O Munacone (“il monacone”), perché custodisce una famosa statua di San Vincenzo Ferrer. La statua, secondo la tradizione, fu portata in processione nel 1836, quando Napoli venne colpita dall’ennesima epidemia di colera. Grazie all’intercessione del Santo, il morbo cessò miracolosamente e da allora il primo martedì di luglio si ripete lo stesso rito in ricordo della grazia ricevuta.
La Basilica è un vero e proprio paradiso pittorico, che custodisce tra le sue navate preziose opere d’arte seicentesche, realizzate da artisti quali Massimo Stanzione e Luca Giordano, mentre il pulpito e la scalinata in marmi policromi furono realizzati da Dionisio Lazzari nel 1677.
5. Catacombe di San Gaudioso

Poco oltre la Piazza dominata dalla Basilica di Santa Maria, sorgono le Catacombe di San Gaudioso a ricordarci che la valle che oggi accoglie uno dei quartieri più popolosi della città, era un tempo necropoli e area cimiteriale, tra ipogei ellenistici e tombe paleocristiane.
Gaudioso l’Africano fu vescovo di Abitine, in Tunisia e arrivò in Campania per un evento fortuito: dopo l’invasione dei Vandali non volle convertirsi all’arianesimo, così il re Genserico lo imbarcò su una nave senza vele né remi insieme ad altri esuli cristiani.
Giunto miracolosamente a Napoli, alla sua morte fu sepolto tra il 451 e il 453 d.C. nell’area cimiteriale extra moenia e il luogo della sua sepoltura diventò ben presto oggetto di culto, espandendosi prima in cimitero ipogeo paleocristiano e diventando poi catacomba abbellita nel corso dei secoli da affreschi e mosaici di inebriante bellezza.
6. Ospedale San Gennaro dei Poveri

Costeggiando la chiesetta sconsacrata dell’Immacolata in piazzetta San Vincenzo, oggi sede del Nuovo Teatro Sanità, inizia una strada in salita impreziosita dall’imponente struttura dell’Ospedale San Gennaro dei Poveri, la cui storia è intrecciata a quella della basilica che sorge al suo interno, quella di San Gennaro fuori le Mura.
La chiesa, del V secolo d.C., dopo la traslazione delle reliquie di San Gennaro a Benevento (817-832), cadde in rovina fino all’872, anno in cui il vescovo Atanasio, la fece restaurare e annettere al monastero benedettino dei Santi Gennaro e Agrippino. Nel XV secolo, l’intero monastero cadde in abbandono e solo nel 1468 venne trasformato in ospedale dal cardinale Oliviero Carafa.
Dopo la peste del 1656, l’ospedale fu ulteriormente ampliato e dotato di un ospizio dedicato ai Santi Pietro e Gennaro, le cui statue, opera di Cosimo Fanzago, furono esposte all’esterno. Di notevole bellezza, sul fondo del cortile, è la scala a doppia rampa, che precede un vestibolo con affreschi cinquecenteschi di Agostino Tesauro.
7. Cimitero delle Fontanelle

Il Cimitero delle Fontanelle è uno dei siti più iconici del Rione: un ex-ossario che si sviluppa per più di 3.000 mq e che contiene i resti di un numero imprecisato di persone. Il cimitero è noto perché qui si svolgeva il rito delle “anime pezzentelle”, ossia l’adozione e la cura da parte dei napoletani di un determinato cranio di un’anima abbandonata (detta “capuzzella”) in cambio di protezione.
E una delle “capuzzelle” più famose è certamente quella del Capitano: la leggenda narra di una giovane promessa sposa che aveva l’abitudine di andare a pregare quotidianamente presso il taumaturgico cranio. Il futuro marito, geloso per le tante attenzioni ricevute dal “defunto” da parte della fidanzata, decise un giorno di vendicarsi dell’inerme teschio, infilzando un bastone in una delle orbite oculari ormai vuote e invitandolo alle proprie nozze.
Purtroppo per lui, il giorno del matrimonio, alla cerimonia si presentò un uomo misterioso vestito da carabiniere. Lo sconosciuto si avvicinò agli sposi e, aprendo la giacca, mostrò il terrificante corpo composto da sole ossa scarnificate, facendoli morire di crepacuore.
8. Salita Scudillo

A concludere il percorso nella Sanità è la Salita dello Scudillo, una delle poche aree cittadine che, nonostante la speculazione edilizia mai terminata, conserva ancora piccoli orti urbani e tracce del fascino della Napoli che tra Sette e Ottocento fu descritta da letterati e artisti del Grand Tour.
Questa rampa stretta e ripida di circa un km scavata nel tufo s’inerpica lungo la collina di Capodimonte per arrivare ai Colli Aminei, e fino al 1987 si collegava all’elegante Via Nicolardi (in quell’anno un’ordinanza sindacale chiuse il tratto finale della salita in seguito al crollo di un edificio privato).
Il toponimo potrebbe fare riferimento al fatto che questa piccola via utilizzata per secoli come collegamento fra la campagna e i mercati del centro, era scura, ombreggiata da alberi e costoni di tufo.
Tuttavia il nome Scutillum era già in uso in epoca romana: lungo questa silenziosa rampa, infatti, era custodito il mausoleo La Conocchia, un sepolcro monumentale del I secolo d.C. posto nel sito che attualmente ospita il parco del Poggio. Si suppone che il mausoleo fosse adiacente a una villa o che si trovasse lì in conformità alle tradizioni sepolcrali romane di costruire tombe lungo le principali vie di transito extraurbano.
Bellezza e contraddizioni

Il Rione Sanità resta certamente uno dei quartieri più affascinanti, ricchi e misteriosi di Napoli. Una “periferia al centro”, piena di associazioni, istituzioni e cooperative che valorizzano quotidianamente questo territorio non solo da un punto di vista economico, ma anche culturale e umano.
Il Cimitero delle Fontanelle e lo Scudillo sono parte integrante di questa valorizzazione urbana e paesaggistica che mantiene vivo il ricordo di ciò che il quartiere ha rappresentato e rappresenta per la città tutta.
Scoprire la Sanità, dunque, significa addentrarsi nei vicoli dove convivono chiese barocche e case fatiscenti, palazzi nobiliari e bassi scavati nel tufo, murales dedicati a Totò e edicole votive riservate a San Gennaro, dove i bambini giocano ancora a pallone per strada e le donne mostrano sul volto il peso della fatica quotidiana.
Non solo un quartiere della città, ma l’espressione più viva e autentica di tutte le contraddizioni che da secoli accompagnano Napoli.
Infoutili
Come arrivare: fermata Cavour (Metro L2); fermata Museo (Metro L1).
Cosa visitare: Palazzo dello Spagnolo; Casa natale di Totò; Palazzo Sanfelice; Basilica Santa Maria della Sanità; Catacombe San Gaudioso; Ospedale San Gennaro dei Poveri, Cimitero delle Fontanelle.
Dove mangiare: Pizzeria Ciro Oliva – Concettina ai Tre Santi, Via Arena alla Sanità 7 Bis.
Dove dormire: Casa del Monacone, Via Sanità 124.
Cosa leggere: Antonio Della Corte e Adelina Pezzillo, Il Rione Sanità. Ancora da scoprire, Intra Moenia, 2016, Euro 16,00.
Testo di Angelo Laudiero |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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