Il 22 maggio scorso è stata ricordata la scomparsa, 150 anni fa, di Alessandro Manzoni, l’amatissimo Don Lisander dei milanesi e uno dei maggiori scrittori della scena mondiale d’ogni tempo.

La fama del Manzoni è universale, è cosa nota. Ma ricordarne la morte vuole anche dire avere l’opportunità di riflettere sulla continuità dei valori (e dei disvalori) che la sua penna ha testimoniato e trasmesso ai posteri.
Fatti e personaggi ancorati al momento storico del tempo, i primi anni del 1600, che continuano a specchiarsi nei comportamenti e negli avvenimenti dei nostri giorni. Cambiano le epoche, cambiano gli scenari nei quali viviamo, ma permangono negli esseri umani i vizi e le virtù di sempre.
Lo scrittore studiato nella scuola
Il suggerimento dei molti uomini di cultura che nel tempo hanno approfondito gli scritti manzoniani, può apparire a prima vista strano. Il libro va letto e riletto come se Manzoni fosse un autore contemporaneo: questo gli renderebbe quella giustizia che gli è quasi sempre stata negata quando l’abbiamo incontrato in età scolastica.
Le vicende di Renzo e Lucia, l’avvicendarsi dei vari personaggi di contorno, le pavidità continue del povero Don Abbondio… tutti episodi ascoltati con indifferenza; la trama – così retrò rispetto alle coinvolgenti fiction dei nostri giorni – vissuta con distacco, quasi fastidio.
Insomma, un libro studiato poco e male. Si dice che la buona pratica della lettura consente di conoscere più a fondo tutto ciò che ci circonda, attraverso le parole che confezionano il racconto. Ma insistere nella piacevole abitudine del leggere, permette anche una più accurata e profonda conoscenza di sé stessi.
Il libro del Manzoni, sotto questo aspetto, è una fonte pressoché inesauribile, perché la storia che si snoda attraverso le pagine è un insieme armonico di linguaggi diversi: talvolta cronistici, lirici, storici, altre volte solenni, ironici, comici e affettuosi, per finire con una continuità di fondo drammatica, religiosa e morale.
Personaggi e comportamenti antichi e attuali
Le pagine dei Promessi Sposi, meglio sarebbe dire gli episodi di vita che le compongono, consentono una continua contrapposizione e per conseguenza giudizio del nostro mondo, quello nel quale viviamo oggi. Troviamo collusioni fra magistratura e politica: ne fa le spese il povero Renzo Tramaglino, cacciato dall’avvocato Azzecca-garbugli appena pronuncia il nome di Don Rodrigo.
Nel romanzo troviamo processi truccati, ingenui contestatori di piazza manipolati, l’insensatezza dell’assistenzialismo nel far credere alla gente che facendo incetta di farina sarebbe sceso il prezzo del pane. Ancora: la violenza elevata a sistema mafioso con personaggi come il Griso, per il quale “… impegnandosi ad ogni delitto che gli venisse comandato si era assicurata l’impunità del primo”.
L’arroganza del potere dell’odiato Don Rodrigo che aveva al suo servizio navigati malfattori attraverso i quali poteva mostrare a tutti di “… aver potuto attentar felicemente contro le leggi”. Un universo di persone preda dei potenti e dei disonesti; persino Renzo, ingenuo ragazzotto innamorato, si rende conto di come “… per mandare ad effetto una cosa bastasse farla entrare in grazia a quelli che giravano per le strade”.
Il genio descrittivo di Manzoni individua e denuncia, nella mentalità del potente di turno del suo romanzo, la logica perversa dei sistemi totalitari e gli innumerevoli atteggiamenti (negativi o positivi a seconda degli scenari descritti) dell’animo umano. Atteggiamenti, quelli dei vari attori del romanzo, compensati dal rimarcare il valore di libertà della religione come supremo e fedele vincolo con la verità.
Manzoni letto e giudicato
L’elenco dei protagonisti della cultura mondiale ma soprattutto italiana che hanno avvicinato e interpretato Manzoni scrittore, è sterminato. Eccone una sintesi essenziale, a cominciare dal poeta romanesco Gioachino Belli (1791-1863) che con i suoi famosi (e catalogati!) 2279 sonetti, composti in vernacolo romanesco, ha saputo interpretare con affetto e talvolta con feroce arguzia la voce del popolo romano del XIX secolo.
Belli ha avuto modo di conoscere Manzoni nel 1827 in occasione di un suo viaggio a Milano e dopo aver letto la prima edizione dei Promessi Sposi – pubblicata nello stesso anno – non ha mancato di scrivere sul risguardo del terzo volume: “… questo è il primo libro del mondo”.
Fa riflettere anche il consiglio di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), letterato di complessa personalità e autore del noto romanzo “Il Gattopardo”, secondo il quale il romanzo del Manzoni “…è un libro che bisogna leggere dopo i cinquant’anni”, un momento della vita in cui la maturità e la capacità di riflessione ne favorirebbero la completa comprensione.
Passiamo ora all’articolato giudizio di Leonardo Sciascia (1921-1989): “… se i Promessi Sposi è come un fiume che scorre alla foce, in tutto il suo corso segnato sulla mappa della fede, la Storia della Colonna Infame ne è la derivazione imprevista, l’ingorgo, il punto malsicuro del fondo e delle rive”. Sciascia sostiene infatti che i documenti del processo agli untori avrebbe letteralmente messo in crisi lo scrittore milanese.
Arriviamo a Umberto Eco (1932–2016). Da consumato semiologo, Eco affermava che I Promessi Sposi “oltre che un romanzo è una chiave per capire l’ideologia italiana cattolica” e per tale motivo uno scrittore come don Lisander piaceva soprattutto ai più conservatori.
In precedenza, anche Francesco de Sanctis (1817-1883) tra i maggiori critici letterari e storici della letteratura italiana del XIX secolo, aveva capito e amato Manzoni giudicandolo “idealista e risorgimentale”, a differenza di quanto aveva fatto la rivista Civiltà Cattolica dei Gesuiti.
Giudizi critici ed entusiastici
Partendo proprio da Civiltà Cattolica, rivista fondata nel 1850, troviamo ripetuti attacchi ad Alessandro Manzoni, definito “senatore garibaldino” che aveva ricevuto in casa propria il massone e anticlericale Giuseppe Garibaldi, incontro condito da attestazioni di reciproca stima. Non va dimenticato che ai tempi del Manzoni essere un buon cattolico voleva dire approvare il potere temporale della Chiesa di Roma.
Altri giudizi negativi sull’opera del Manzoni sono giunti da Benedetto Croce (1866-1952), che inizialmente aveva apprezzato il romanzo come poema di una morale religiosa, criticandone in seguito alcune figure giudicate negativamente, ad esempio la Monaca di Monza. Personaggio, questo, stigmatizzato anche da San Giovanni Bosco (1815-1888) ma non quanto quello di Don Abbondio. Pur essendo estimatore dello scrittore milanese, Don Bosco così lo rimprovera: “La stima che abbiamo per quest’opera non ci tratterrà tuttavia dal biasimare altamente il ritratto che ci porge di Don Abbondio e quello della sgraziata Gertrude. Il Manzoni, che voleva dare all’Italia un libro veramente morale ed inspirato da sentimento cattolico, poteva, certo, presentarci migliori caratteri”.
Uno scrittore a noi più vicino nel tempo (Ennio Flaiano, 1910-1972) è di parere opposto e così sintetizza il libro del Manzoni: “Ma ci rendiamo conto che I Promessi Sposi sono la storia italiana fissata per sempre, la sua tipologia eterna, una specie di calendario perpetuo, lo zodiaco con i suoi segni inevitabili? Manzoni ci abbraccia tutti, i suoi detrattori compresi, e ci spiega a noi stessi”.
Il Pontefice è con i milanesi
Il primo Papa gesuita della storia, lodando Manzoni, corregge un giudizio piuttosto severo dato in passato dai suoi confratelli, a causa del più volte dichiarato patriottismo del lombardo. Queste le parole di Papa Francesco: “Ho letto I Promessi Sposi per tre volte e ce l’ho adesso sul tavolo per rileggerlo. Manzoni mi ha dato tanto. Mia nonna, quand’ero bambino, mi ha insegnato a memoria l’inizio di questo libro”, ed ha proseguito recitando il famoso, conosciutissimo incipit.
Manzoni, a Milano, abitava nella Via del Giardino. L’anno dopo la sua morte (1874) il Comune di Milano, proprio il 23 maggio, ha murato le targhe di marmo con la nuova intitolazione: Via Alessandro Manzoni e Giuseppe Verdi ha diretto personalmente, nella chiesa di San Marco, la Messa di Requiem composta per onorarne la memoria.
del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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