Edmondo De Amicis, stregato da Istanbul

Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura nel 2006, è uno dei più noti romanzieri e scrittori contemporanei. Turco di Istanbul, ha definito l’opera di De Amicis (Costantinopoli) “…il miglior libro scritto nel diciannovesimo secolo sulla mia città”.

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Istanbul nella luce del tramonto ©Shutterstock

Il giudizio di Pamuk non è l’unico e sono tanti i colleghi (e i lettori) che hanno dovuto ricredersi, nel tempo, sulle capacità di scrittura e sulla versatilità dello scrittore ligure-piemontese, famoso nel mondo soprattutto per il libro Cuore, lettura giovanile per molteplici generazioni.   

Giornalista, scrittore, militare, politico

Tutto questo è stato, in vita, Edmondo De Amicis. Nato e morto in Liguria, ma torinese e piemontese a tutti gli effetti essendo cresciuto e avendo studiato a Cuneo prima e in seguito a Torino.

Di famiglia benestante – padre regio banchiere di Sali e Tabacchi e madre dell’alta borghesia alessandrina – compiuti gli studi e naturalmente portato per la scrittura e la comunicazione – diviene giornalista militare e si trasferisce a Firenze assumendo la direzione de L’Italia Militare, organo ufficiale del Ministero della Guerra.

Lasciato l’esercito, compie molti viaggi e scrive vari “diari” che avranno un notevole successo di pubblico. Tra i più noti: Spagna (1872), Ricordi di Londra (1873), Olanda (1874), Marocco (1876), Costantinopoli (1878-1879), Ricordi di Parigi (1879).

Di particolare significato è stato il viaggio fatto in Argentina, raccontato nel romanzo Sull’Oceano, così come gli appunti e i bozzetti dedicati agli emigranti italiani, raccolti in seguito nel volume In America.

Il 18 ottobre 1886, primo giorno di scuola di quell’anno, è la data di pubblicazione del famoso libro Cuore, nato come libro per ragazzi con i vari protagonisti provenienti dalle diverse regioni italiane, che danno vita ad una serie di episodi ambientati fra i compagni di una classe elementare di Torino.

Romanzo di immediato e grande successo, tanto da superare in pochi mesi quaranta diverse edizioni e decine di traduzioni in altre lingue. De Amicis pubblicherà altri libri e nel 1903, dopo l’elezione a socio della celebre Accademia della Crusca, verrà chiamato a far parte del Consiglio Superiore dell’Istruzione in ambito governativo.

Verso la fine del XX secolo molte opere di De Amicis troveranno una nuova e più giusta rivalutazione; specie quelle oscurate dal successo editoriale di Cuore. Da uno di questi libri (Amore e Ginnastica) verrà addirittura tratto un film.

L’avventura turca

Nell’anno 1874 Edmondo De Amicis viene inviato nella città del Bosforo come corrispondente, sulla scia dei reportage di successo scritti da altri famosi scrittori, specie quello del 1852 (Constantinople) dovuto a Théophile Gautier.

De Amicis intraprende il viaggio in compagnia dell’amico Enrico Yunck, che avrebbe dovuto trarre degli schizzi per la progettata edizione illustrata. Il libro verrà poi pubblicato negli anni 1877-78 dall’Editore Treves di Milano, seguito dall’edizione in lingua inglese del 1896, con la traduzione di Maria Hornor Lansdale.

Così sintetizza, lo scrittore piemontese, l’avvicinamento e l’arrivo nella metropoli del Bosforo:

“Perché la prima pagina del mio libro m’esca viva e calda dall’anima, debbo cominciare dall’ultima notte del viaggio, in mezzo al mare di Marmara, nel punto che il capitano del bastimento s’avvicinò a me e al mio amico Yunk, e mettendoci le mani sulle spalle, disse col suo schietto accento palermitano: …signori, domattina all’alba vedremo i primi minareti di Stambul!”.

E così prosegue dopo aver visitato la città, infinito crogiuolo di razze e di culture: “…l’emozione che provai entrando in Costantinopoli mi fece quasi dimenticare tutto quello che vidi in dieci giorni di navigazione dallo stretto di Messina all’imboccatura del Bosforo. Il mar Jonio azzurro e immobile come un lago, i monti lontani della Morea tinti di rosa dai primi raggi del sole, l’arcipelago dorato dal tramonto, le rovine d’Atene, il golfo di Salonicco, Lemno, Tenedo, i Dardanelli…”.

La turca “Stambul” affascina per davvero lo scrittore piemontese, che così la descrive:

“È una bellezza universale e sovrana, dinanzi alla quale il poeta e l’archeologo, l’ambasciatore e il negoziante, la principessa e il marinaio, il figlio del settentrione e il figlio del mezzogiorno, tutti hanno messo un grido di maraviglia. È il più bel luogo della terra a giudizio di tutta la terra. Gli scrittori di viaggi, arrivati là, perdono il capo; il solo Chateaubriand descrive la sua entrata in Costantinopoli con un’apparenza di tranquillità d’animo”.  

Il libro su Costantinopoli di De Amicis incontra un immediato successo di pubblico: viene tradotto nelle principali lingue e successivamente anche in turco. Scrittore sensibile, entusiasta, De Amicis racconta – nelle pagine del suo Costantinopoli – come l’impressione positiva dell’approdo alla città avesse contagiato anche le anime più semplici.

Quelle dei marinai, per esempio; persone rozze che sentivano comunque il bisogno di esprimere il loro stupore usando parole per loro straordinarie o desuete o fantastiche similitudini e paragoni con altri porti della terra visitati in precedenza.

E ricorda, De Amicis, le parole del capo dei timonieri: “Entrare con una bella mattinata in Costantinopoli, credete a me, signori: è un bel momento nella vita d’un uomo”.

Ultima notte sul mare

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©Shutterstock

De Amicis e l’amico Yunck debbono davvero aver desiderato a lungo il viaggio a Costantinopoli. Tutte le descrizioni dello scrittore confermano questa “febbre” continua dell’avvicinamento alla meta.

Al punto che – navigando nel Mar di Marmara, nella mattinata destinata all’approdo – non nascondono la propria delusione una volta saliti in coperta con l’intenzione dichiarata di godersi l’avvicinamento alla grande città turca e annota: “…maledizione, c’era la nebbia! Una nebbia fitta copriva l’orizzonte da tutte le parti; pareva imminente la pioggia; il grande spettacolo dell’entrata in Costantinopoli era perduto; il nostro più ardente desiderio, deluso; il viaggio in una parola, sciupato! Io rimasi annichilito”.

Ma subito il clima cambia con l’arrivo del capitano della nave che amichevolmente li rassicura: di lì a poco la nebbia sarebbe scomparsa e la città sarebbe apparsa in tutto il suo splendore. Durante l’avvicinamento al molo d’approdo l’attenzione dello scrittore si sofferma anche sui viaggiatori della nave. Vede sul ponte di comando i turchi seduti a gambe incrociate sui loro tappeti, col viso rivolto verso la città.

Chi poteva, era armato di cannocchiale per meglio godere lo spettacolo. Da attento viaggiatore e probabile consultatore di mappe, De Amicis descrive il passaggio accanto al piccolo arcipelago delle nove Isole dei Principi, le Demonesi degli antichi: luogo di piaceri della Corte al tempo del Basso Impero, ed ora luogo di ritrovo e di festa degli abitanti di Costantinopoli.

La vicinanza della meta mette tutti i viaggiatori di buon umore e una gradevole vivacità serpeggia fra la gente. De Amicis così la descrive:“…le bambine russe saltellavano intorno alla madre gridando l’antico nome russo di Stambul: Zavegorod! Passando accanto ai crocchi, si udivano qua e là i nomi di Galata, di Pera, di Scutari, di Bujukderé, di Terapia…alla mia fantasia come le prime scintille d’un grande foco d’artifizio sul punto d’accendersi. Anche i marinai erano contenti d’avvicinarsi a quel luogo dove, com’essi dicevano, si dimenticano almeno per un’ora tutte le noie della vita. Persino a prora, in mezzo a quel biancume di turbanti, c’era un movimento straordinario: anche quei mussulmani pigri e impassibili vedevano già cogli occhi della immaginazione ondulare all’orizzonte i fantastici contorni di Ummelunià; la madre del mondo, la città, come dice il Corano, di cui un lato guarda la terra e due guardano il mare”.

Il sogno di Costantinopoli sta per avverarsi, per Edmondo De Amicis. Immergendosi negli affascinanti quartieri della città ponte fra Europa e Asia, lo scrittore avrà modo di vedere, ascoltare, annotare ogni cosa, con la sua prosa efficace e di sostanza.

Così conclude: “…di tratto in tratto mi appoggiavo al parapetto per guardare in mare, e mi pareva che cento voci confuse mi parlassero col mormorio delle acque. Erano tutte le persone che mi amano, che dicevano: va, va, figliuolo, fratello, amico, va; va a goderti la tua Costantinopoli; te la sei guadagnata, sii felice, e Dio t’accompagni”.

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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