Questo è il viaggio particolare, per alcuni forse banale, di chi resta.
Non me ne vogliano gli amanti delle terre lontane, dei paesaggi mozzafiato e delle culture sconosciute. Dopotutto lo diceva anche Marcel Proust che “Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi.” E allora eccomi. Antropologa improvvisata, acuta

osservatrice della mia città, che ad agosto cambia volto. Esco da casa e incontro i vicini che caricano, accaldati, le ultime valigie. Ogni fatica, è resa sopportabile dal pensiero tangibile della vacanza. Enon ha prezzo. Il telegiornale quasi dimentica la solita politica e parla di esodo, di bollino nero e di strade impraticabili, prima di passare alla notizia del gattino salvato in extremis. Sul treno che porta verso Porta Venezia, siamo solo io, due extracomunitari e la voce metallica che indica in che stazione ti trovi, ovviamente sbagliando. Se sfortunatamente (o meglio, abitualmente) la porta è bloccata, puoi dirigerti con una certa calma verso quella successiva, consapevole del fatto che non dovrai

né scavalcare, né essere scavalcato da migliaia di persone. L’aperitivo in Brera è scandito dalle solite chiacchiere con gli amici rimasti. In sottofondo vociferare di lingue straniere. Per questa volta i turisti non siamo noi. I parcheggi si trovano con facilità, non devi uscire alle sei di sera per arrivare puntuale alle otto. Il Duomo, ben esposto alla luce rossastra del tramonto, è uno spettacolo per piccioni, cinesi e gruppi di turisti che ascoltano le loro guide. Le serrande dei negozi, sono abbassate. I cartelli indicano che l’esercizio riprenderà ai primi di settembre. Anche la frenesia va in vacanza. La cosa

migliore, nonostante tutto, è riuscire a vedere la propria città con altri occhi. Quante volte sono passata in Piazza Duomo, camminando a testa bassa. So che il Duomo c’è, e so quanto vale. Ma chi si è mai fermato a osservarlo sul serio? Come ho fatto in Plaza Mayor a Madrid, con la Basilica di S.Pietro ai miei piedi in Vaticano, con la Tour Eiffel a Parigi, con il big ben a Londra, con la Torre di Vigeland a Oslo e tanti tanti altri luoghi magici dove ho lasciato un pezzo di me. Questa non è che l’ennesima dimostrazione di come la routine offuschi le nostre sensazioni. In questo caso i miei occhi. Allora ho approfittato di agosto per conoscere Milano, per girarla, vedere, ascoltare, toccare, allargare i miei sensi. Fino a che un giorno mi sono svegliata e alla stazione ho ritrovato la solita coda chilometrica per fare l’abbonamento del treno. Ho capito che stavo tornando dalla mia vacanza… e come al solito ero ferma in “coda”.
Testo di Stefania Pozzi
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