La piazza principale si chiama Piazza Djemaa el-Fna e secondo l’inguaribile scrittore nomade Paul Bowles senza Djemaa el- Fna Marrakech potrebbe essere una qualsiasi città del Marocco. Il Marocco, orizzonte perduto che si distende nel territorio africano fino a tuffarsi fra Mar Mediterraneo e Oceano Atlantico, il Marocco che proprio da Marrakech prenderebbe il nome, Mur-Akush, terra di Dio, in lingua berbera. Il massiccio del Djebel Toubkal, il rilievo più alto del Paese, veglia da lontano su Marrakech che possiede un cuore berbero, tanto che fin dalla sua fondazione, con la Kasbah costruita da Abou Bakar nel 1070, mostrava di possedere una popolazione principalmente araba e berbera.
Il commercio da sempre contraddistingue l’anima di questa città dove la polvere rossa preannuncia il deserto: se siete in arrivo con il Marrakech Express, proveniente da Tangeri, il capolinea vi attende alla stazione di Marrakech in una densa folla di mercati e genti, colori e odori pungenti, da dipingere nella memoria con la grazia lieve con cui questa cultura antica intesse se stessa. Attraversate Bab Agnaou, la porta della città costruita nel 1150, e penetrate nell’affascinante mistero della moschea di Ben Youssef, considerata la Madrasa più grande del Marocco, scuola coranica più volte ricostruita nei secoli e memoria di tradizioni che si innestano nella matrice più originaria e magmatica del popolo marocchino. Il parco della Manara, con i suoi giardini che annoverano ben 40 varietà di ulivi, nasconde i segreti antichi dell’idraulica araba: realizzato nel XII secolo, riusciva a convogliare l’acqua dalle montagne a trenta chilometri di distanza, permettendo la realizzazione dei giochi nautici e l’irrigazione delle meravigliose specie floreali qui presenti. Luogo degli appuntamenti d’amore di principi e sultani, secondo alcune leggende il fondatore del parco avrebbe nascosto proprio qui un tesoro, oggi probabilmente sepolto insieme al ricordo degli antichi amanti. I giardini della Manara comunicano con la Medina: con pochi spiccioli potrete acquistare un biglietto per il bus verso Djema El Fnaa oppure inseguire, passo dopo passo, la sua rigogliosa bellezza fino al cuore di Marrakech, dove improvvisamente il silenzio scompare per lasciare posto all’intricata, urlante Babele di lingue, uomini e affari.
Cantastorie, incantatori, commercianti e giocolieri: Djemaa el-Fna abbaglia le spettrali presenze evocate dal suo nome, convegno dei defunti, nella magia di uno spettacolo che la vede deserta all’alba per aprire il sipario durante il pomeriggio, quando la palla incandescente del sole vibra all’orizzonte e le presenze si addensano, mentre la vita ricrea le sue segrete corrispondenze nello spettacolo di una vitalità sfrenata, capace di emerge nell’ombra notturna per confondere i visi, sottile trait d’union tra un passato abilmente celato e i misteriosi incanti del presente. Aggiratevi tra le bancherelle di ambulanti, stupitevi davanti ad acrobati e maghi, lasciandovi affascinare da chi vi rapirà la mano per dipingerla con il tradizionale henna, circondati dal ritmo ossessivo delle mistiche danze. Tra gli odori di spezie e il fumo che sale avvolgendo l’intera Djemaa el-Fna impossibile non assaggiare un piatto di tajine, tipico della cucina marocchina, che mescola nel caratteristico piatto di terracotta carne e verdure nell’aroma di zafferano, cumino e curcuma.
La luna balena rapida sulle vostre teste? Attraversando la Medina, nata come insediamento fortificato nel 1060, non vi resta che tuffarvi nel cuore più recondito di Marrakech, in cerca dell’ultimo rito per penetrare l’essenza della città: l’hammam. Luogo tradizionale e antichissimo, negli hammam potrete scoprire il punto in cui l’intimità si scioglie nel vapore delle essenze profumate, mentre il tempo resta pallido riflesso di una realtà che improvvisamente prende i contorni dell’evanescenza. Qui architetture splendide e le mani invisibili della memoria massaggeranno la vostra pelle in cerca di un’indefinibile assenza da se stessi: il misterico abbandono per cui ogni viaggiatore giunge ai margini del deserto, pronto a perdersi tra i tumulti folli di una città capace di mescolare in maniera ammirabile le carte del Tempo.
Testo di Maddalena De Bernardi | Foto di Paolo Pulga
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