L’Eroe dei due Mondi
Sparse un po’ in tutto il Sudamerica ci sono decine di tracce d’Italia. Edifici, nomi, storie lasciate da emigranti più o meno famosi ritrovatisi a passare di qui nel corso dei secoli. Non fa eccezione l’Uruguay, e in particolare la sua capitale, Montevideo.
Forse il più famoso degli italiani vissuti in questa città è Giuseppe Garibaldi. La sua casa, al numero 314 dell’Avenida 25 de Mayo, nel cuore della città vecchia, dovrebbe essere un museo, ma al momento è chiusa e almeno in apparenza abbandonata. Garibaldi visse in questo edificio basso (come la maggior parte delle case in Uruguay) a partire dal 1841; a Montevideo sposò la brasiliana Ana Ribeiro da Silva (Anita) e guidò una legione italiana tra le schiere dei Colorados (e contro i Blancos) durante la guerra civile uruguayana, vincendo la memorabile battaglia di San Antonio del Salto. Oggi l’unico segno visibile del passaggio in città dell’Eroe dei due Mondi è una targa all’ingresso del piccolo edificio: Museo HistoricoNacional “Casa de Garibaldi”.
Un faro sul Rio de la Plata
Slanciato sulla Plaza de la Independencia, il Palacio Salvo, con la sua struttura di cemento armato, la torre ispirata ai templi indiani del tredicesimo secolo e il faro fatto arrivare in nave direttamente da Milano, fu dal giorno della sua inagurazione – nel 1928 – il simbolo di Montevideo. Con i suoi trentuno piani, fu per diversi anni l’edificio più alto dell’America Latina. Il palazzo è senza dubbio l’opera più importante dell’architetto milanese Mario Palanti, che progettò diversi edifici sparsi in tutto il Sud America e nell’area di Milano. Fu commissionato dai fratelli Salvo, anch’essi emigranti italiani che in Uruguay – mentre in Europa imperversava la Prima Guerra Mondiale – si erano arricchiti con l’industria tessile. Il Palacio Salvo, intriso di simbolismi esoterici, è stato testimone nel 1939 di una tremenda battaglia navale tra la corazzata tedesca Admiral Graf Speee le forze navali britanniche e neozelandesi. Palanti aveva immaginato che la luce del faro del Palacio Salvo si sarebbe incrociata con quella del suo gemello Palacio Barolo a Buenos Aires: le due torri avrebbero così rappresentato le “Colonne d’Ercole” sull’estuario del Rio de la Plata, l’ultimo confine prima di entrare nelle acque dell’Atlantico.
La casa dell’alchimista
Lungo la rambla di Punta Carretas, a pochi passi dal mare, un altro edificio curioso attira l’attenzione. Schiacciato tra palazzi grigi e tutti uguali, ha le sembianze di un castello medievale e la facciata simile alla prua di una nave, con una riproduzione della Nike di Samotracia come polena. Si tratta del Castillo Pittamiglio, residenza fino alla sua morte di Humberto Pittamiglio, nato a Montevideo da genitori di origini italiane. Pittamiglio era un alchimista e la sua casa nasconde centinaia di simboli massonici ed esoterici; le stanze formano labirinti circolari e sono ricoperte di legno e di specchi; le strutture geometriche si sovrappongono e si intersecano, formano lettere dal significato alchemico, e il camino ha la struttura di un pulpito con incisioni che simboleggiano la lotta, la rinascita e l’equilibrio. L’intero edificio risuona di vibrazioni magiche.
Storie italiane, carattere uruguayano
Inseguendo vecchie tracce d’Italia a Montevideo, non si può comunque sfuggire al carattere tutto uruguayano della città: la gente per strada con l’immancabile thermos di yerbamatesotto al braccio; la cordialità unica di questa piccola nazione stretta tra due giganti (l’Argentina e il Brasile); gli anziani che la sera si ritrovano nella Plaza del Entreveroper ballare il tango, che piova o sia sereno, che faccia caldo o freddo, dando vita a un piccolo spettacolo di danza, passione e tradizione.
Testo e foto di Carlo Berti | Riproduzione Riservata © Latitudeslife.com