NAMIBIA. Caprivi Strip, un microcosmo di pace

A guardare l’estremità orientale del Caprivi proprio dalle acque torbide dello Zambesi si colgono invece le somiglianze con gli altri tre stati che si affacciano nello stesso punto: posto su una pastosa terra ocra, è lo stesso verde a dominare anche in Botswana, Zambia e Zimbawe.

L’abbondante presenza di acqua si concretizza nelle rapide di Popa Falls, esageratamente ribattezzate come cascate, ma che rappresentano comunque uno dei tanti punti su questa linea geografica in cui i fiumi incontrano dei dislivelli e compiono salti imponenti o modesti, a seconda dei casi.

La rigogliosità floristica di estese foreste e piante d’acacia garantisce un ambiente ricco di animali: 430 specie, tra cui elefanti, ippopotami, coccodrilli, impala e oltre al 70% dell’aviofauna della Namibia trova spazio in questa superficie lunga soltanto 450 chilometri e larga appena 30. Può capitare così di dover frenare l’auto per lasciar attraversare un gruppo di elefanti. Oppure di intravedere, durante la marcia, una placida giraffa tra la boscaglia, quasi fosse un miraggio.

Il bracconaggio senza regole, negli anni ’70 e ‘80, durante le guerre per l’indipendenza dal governo centrale, compromise la ricchezza naturalistica di questo luogo, ma l’istituzione di diversi Parchi Nazionali nell’ultimo decennio ha contribuito a ripopolare l’area. Ora, non del tutto abolita, la caccia viene regolamentata con delle regole ferree e costi elevati, che la rendono un vizio di pochi ricchi. I turisti interessati ai safari fotografici invece trovano ampio godimento dall’avvistamento degli animali e dall’accoglienza nei lodge o nei camping situati nei punti più suggestivi del bush.

Una primordiale magia sfrigola nell’aria pulita. La percezione a fior di pelle è di una pace minata in ogni istante dal pericolo incombente di un predatore. Gli impala scappano sollevando gocce schizofreniche, mentre le famiglie di elefanti arrivano al tramonto per abbeverarsi nelle grandi pozze, coi cuccioli sempre protetti tra le possenti gambe degli adulti.

Eppure è proprio a star lì, in mezzo a un niente apparente, con l’occhio che inciampa su alberi uguali a loro stessi, su qualche mastodontico baobab, su fili di sterpaglia disordinata, con un silenzio così rumoroso da scavare dentro, che può capitare di sentirsi vivi. È a star dove nulla pare accadere, piccoli e indifesi davanti alla potenza della natura, che talvolta ci si sente improvvisamente tornati alle proprie origini.

Testo e foto di Barbara Oggero

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