Un apprendista stregone che divenne artista. Divenne il suo Io e la sua grande capacità di annusare il mondo restituendolo in sintesi metaforiche ed illusioniste. Un Io errante, emigrante, apolide. Un Io ospite più che cittadino. Un Io appeso, incastrato, mascherato, loquace, subitaneo e mai colto in flagrante. Un fedele ed integerrimo propugnatore di se stesso in quanto medium. Un essere aperto e curioso del mondo, eppure tanto intimo e solitario, incatenato al senso dell’ “io sono in quanto sento e faccio”. Il suo nome è Gaetano Fracassio, artista enfaticamente poliedrico; nato attraverso il cinema, la televisione e la fotografia; formatosi nella musica, gravitante nella scultura, intimo alla pittura. La sua è una storia a tappe intrise di intuiti felici ed esplorazioni; è la vita di un “uomo bambino” snocciolata in continui fermi immagine che oggi esplodono la dimensione passeggera dell’attesa.
Le sue opere – recentemente esposte presso Villa Litta Borromeo a Lainate – nell’ambito della mostra Nel limbo del re burlone parlano di un viaggio nel tempo, o meglio del tempo dell’attesa del viaggio dove le valigie, variamente ammassate, esposte, incorniciate, contengono frammenti sconnessi di vita, gli stessi che “mentre stai ti ricordano chi sei”. E’ così che Gaetano afferma di preferire la pittura alla fotografia nel ritrarre le ombre del mondo. Nel riprodurre su tela il riverbero di una giostra cementata di colori che, nonostante il suo essere ferma, riflette echi di movimento. “E’ l’ossimoro della vita e dell’essere; dell’essere e dell’apparire” – commenta Gaetano. Un’installazione che ci riporta al senso completo della lunga ricerca filosofica ed identitaria dell’artista, alle sue “casette” e alle loro immancabili ombre che inesorabilmente stanno ed urlano verità, presenze, esistenze.
Gaetano si staglia perfettamente in mezzo e dentro le sue opere. Entra ed esce dal frutto del suo lavoro senza mai predefinire limiti di competenza, ruoli o linguaggi. E’ un gioco continuo fra il percepire e l’esprimere fatto di non regole, di non luoghi, di sensazioni e di culture; uno scenario impalpabile, intangibile dove l’uomo è spesso “sacrificato” alla rappresentazione; lo stesso uomo che al tatto sguscia via lasciando brillanti e colorati segni di vita, passaggi di esistenza. E se gli chiedi della sua Milano, ti risponde: “E’ da 48 anni che qui sono solo un ospite; sono un emigrante pugliese fiero e ricco della mia terra che però non vivo”. Come del resto la politica, il compromesso, la fede. Un fiume in piena, le parole e le immagini per il Signor Fracassio, un personaggio fuori e dentro il suo tempo; contemporaneamente servo e servitore. Un personaggio che usa il suo corpo, la sua casa, la sua arte per sentire e per fare, ma soprattutto per giocare con i tanti significati della vita.
Dal 23 maggio al 2 giugno 2013 – presso il Teatro Accademico di Castelfranco Veneto – Gaetano Fracassio sarà il protagonista di una personale, mentre alla Galleria di Arte Contemporanea Gagliardi, a San Gimignano (SI) è presente in maniera permanente una selezione di sue opere.
Testo di Antonella Aquaro © RIPRODUZIONE RISERVATA
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