Assenzio: lo "sballo" del XIX secolo

Assenzio

di Federico Formignani

Il bello della vita (perlomeno la mia) è che posso ogni tanto ‘rivedere’ ciò che ho avuto la fortuna di vivere e sperimentare nel corso dei miei viaggi. È sufficiente un semplice click mentale per aprire il quadro visivo e mi vedo di nuovo ad Harar, nell’Etiopia orientale. Il primo piano della casa abitata dal poeta maudit Arthur Rimbaud è in penombra e nella stanza predomina un indistinto color rossastro che impregna pareti e finestre. Qui ha ‘bruciato’ parte della sua vita il poeta francese, anche e soprattutto per merito dell’assenzio, la famosa bevanda ottenuta dalla distillazione di erbe, fiori e foglie dell’Artemisia absinthium, dal marcato sapore di anice. Un po’ a sorpresa la Svizzera è stata tra i primi produttori europei e Pontarlier, cittadina francese della Franca Contea, la riconosciuta capitale mondiale della bevanda ‘maledetta’, prodotta, nel periodo di maggiore diffusione, da ben 22 distillerie della zona! L’assenzio è divenuto col tempo la bevanda preferita della nascente borghesia europea, mentre la fama del distillato dalla tinta verde e opale, chiamato in molti modi, il più incisivo dei quali è forse quello di Fée Verte (Fata Verde) si è consolidata tra la fine del XVIII secolo e quello successivo, per il grande consumo che ne hanno fatto quasi tutti gli artisti più famosi, alla ricerca di sensazioni e ispirazioni e molto per snobismo. Nel campo delle lettere e della poesia: Rimbaud, Verlaine, Baudelaire, Wilde, Zola, Poe; tra i personaggi delle arti figurative: Toulouse Lautrec, Degas, Van Gogh, Modigliani, Picasso. Non poteva mancare Ernest Hemingway, un vero ‘goloso’ della vita, che lo alternava al bourbon. Interessante la definizione che lo scrittore americano ha dato dell’assenzio: ‘…è l’alchimia liquida che addormenta la lingua, infiamma il cervello, scalda lo stomaco e trasforma le idee’.

Degas_Absynthe
Degas - L'assenzio

Raccontano le cronache che la prima distillazione dell’assenzio risale all’anno 1770 e si deve a una donna francese, tale Henriette Henriod, detta mère Henriod. Curiosa la circostanza storica che ne favorisce una sempre maggiore diffusione, negli anni attorno al 1830. Da semplice aperitivo al gusto di anice, l’assenzio diviene una sorta di medicinale adatto a contrastare il colera, curare la dissenteria e prevenire il tifo. Ne fanno infatti grande uso i militari francesi tornati in patria dopo la conquista dell’Algeria. Le fortune della bevanda coprono gran parte dell’Ottocento, sino a giungere alla sua definitiva  messa al bando, in quasi tutta Europa, nel 1915.  Le motivazioni adottate? Il grande uso che se ne faceva finisce per essere considerato alla stregua di una vera e propria ‘catastrofe sociale e sanitaria’. Ma per molti anni, specie in quelli rutilanti della Belle Époque, l’assenzio naviga felice tra circoli privati, locali alla moda, ristoranti e postriboli. Insomma, si guadagna pienamente le definizioni coniate per esaltarne proprietà e consumi: oltre alla già citata ‘Fata Verde’, viene anche detto ‘Ambrosia Verde’ e ‘Follia Verde’.

Come tutti i ‘prodotti’ celebri, anche l’assenzio aveva la sua ‘ricetta’ per una preparazione ottimale. Si doveva posare ‘a ponte’ sopra il bicchiere – questo dalle fogge più disparate ma sempre di vetro incolore – il cucchiaino forato, anch’esso scelto tra i diversi modelli a disposizione. Due zollette di zucchero posate sul cucchiaino e, all’interno del bicchiere, tre-quattro parti di acqua ghiacciata per una parte d’assenzio. Col suo caratteristico colore tra lo smeraldo e l’opale, la bevanda era pronta per essere sorseggiata o (forse) trangugiata. C’era chi la beveva sulle ali della poesia (come Oscar Wilde): ‘…un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo. Che differenza c’è tra l’assenzio e il tramonto?’, e chi  lo faceva paventandone le possibili conseguenze (Paul Verlaine): ‘…per me, la mia gloria è solo un umile, effimero assenzio, bevuto furtivamente, per paura di essere tradito’. Chi ha cercato di trasporre su tela le conseguenze di una prolungata assuefazione alla bevanda maledetta, oltre a Picasso, è stato Edgar Degas con il suo celebre quadro L’Absinthe (1875-1876) esposto oggi al Museo d’Orsay di Parigi. ? ff

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