Brexit: Europa addio!

Foto di Pete Linforth da Pixabay

L’Inghilterra (e l’Irlanda) sono da sempre nel mio cuore e in quello (sono certo) dei moltissimi italiani che negli anni hanno visitato, vissuto –  per periodi di tempo limitati o prolungati – nelle isole al di là della Manica. C’è un solo episodio che ricordo con disagio: l’attraversamento del confine tra l’Eire e l’Irlanda del Nord, negli anni degli attentati.Un confine con tanto di reti metalliche, cavalli di frisia, torrette d’osservazione, piccoli tank con militari inglesi (giovanissimi) e controlli esasperanti in dogana; tutto questo per un semplice transito nel tragitto fra Dublino e Donegal. Poi tutto è cambiato, per fortuna, ma non è escluso che il vulcanico Ben Johnson – dalla capigliatura biondastra ed arruffata che tanto va di moda – rimetta ogni cosa in discussione da oggi alla fine del 2020. La Gran Bretagna, per bocca del suo leader, ha premesso che “non ci sarà nessuna concessione, nessun allineamento, nessuna giurisdizione della Corte europea”; questo significa che ci si può aspettare di tutto: dazi, controlli doganali delle merci, diritti ridotti per gli stranieri che vivono e lavorano nell’UK: tre milioni e mezzo in tutto. Non basta? No, perché dal 2021 ritornerà il passaporto e si dovrà chiedere una certificazione elettronica per entrare nel Paese, ci sarà l’obbligo di registrazione, si pagherà di più per la sanità e forse anche i ragazzi dell’Erasmus e gli esuberanti candidati pizzaioli avranno i loro problemi. Bel ringraziamento dopo che li abbiamo accettati nell’Unione Europea malgrado abbiano continuato a “misurare” il mondo alla loro maniera: once e libbre in luogo dei grammi e dei chili; piedi e iarde anziché centimetri e metri; migli a al posto dei chilometri, guida a destra invece che a sinistra e così via. C’è di più: nella UE gli atti ufficiali verranno ugualmente redatti anche in lingua inglese. Se non è amore questo!

Il porto di Gibilterra Foto di Christian Bueltemann da Pixabay

Dopo 47 anni di matrimonio infruttuoso con l’Europa, molti nodi arriveranno al pettine di Sua Maestà, a cominciare da quello principale dell’Irlanda del Nord, l’unico confine terrestre del Regno Unito. Si spera di non rivedere i cavalli di frisia nell’isola verde, ma Belfast ha toccato con mano quali e quanti siano stati i vantaggi del mercato comune che domani (forse) verranno a cessare; un motivo in più per arrivare magari a un referendum per unirsi alla Repubblica irlandese. Della Scozia conosciamo i pruriti secessionisti che porteranno a un altro referendum; qualche problema anche nel nord-est dell’Inghilterra (Newcastle, Sunderland, Middlesbrough) da sempre aree disagiate per le quali l’Unione Europea era prodiga di sovvenzioni. Eredità di un impero una volta planetario, la Gran Bretagna conserva isole sparse in tutti i mari; nell’Atlantico: San’Elena – tomba di Napoleone! –Ascensione, Tristan da Cunha, Falkland, Georgia e, in climi più caldi, Bermuda, le Cayman e le Isole Vergini Britanniche (riconosciuti forzieri internazionali). Ma altre isole caraibiche (Anguilla, Montserrat e Turks and Caicos) non saranno certo felici di sopportare impedimenti materiali per i loro “traffici” vitali con isole della UE dello stesso mondo (ad esempio, Saint Martin, metà olandese e metà francese, Martinica, Guadalupa) vitali basi d’appoggio e di aiuto nel momento del bisogno quali uragani ricorrenti, approvvigionamenti ed altro ancora. Infine, c’è lo spinoso problema di Gibilterra, occupata dagli inglesi nel 1704 e ceduta in via definitiva dagli spagnoli (1713, pace di Utrecht). Gli abitanti della Rocca hanno più volte dato prova di fedeltà alla Corona preferendola alla Spagna, ma in occasione del referendum del 2016 (Brexit) i 35.000 residenti di Gibilterra si sono espressi – col 96% dei voti – per rimanere nella UE.  E questa sarà una matassa di lana difficile da districare.

Grande Regno Unito (dal 1801), con la prima metropolitana mondiale (1843), con una regina sul trono dal lontano 1953. Nella sua lunga, lunghissima vita, ne ha viste e fatte di tutti i colori (guerre, epidemie, conquiste, sconvolgimenti sociali ecc.) tali da farlo ritenere – per molte genti e in diversi contesti – come un ben riuscito esperimento di continuità e progresso, di democrazia e civismo. Mussolini definiva l’Inghilterra la “perfida Albione”; Hitler avrebbe voluto radere al suolo Londra con le bombe e le V2. Ma il Regno, il 31 gennaio, ha dichiarato, enfaticamente: “Questo è il momento in cui sorge l’alba e il sipario si alza su un nuovo atto”. Non sarà così importante come quello del 1215, quando è stata scritta la Magna Carta, ma chiunque, in Europa, non può non augurare grande fortuna a un popolo di volta in volta strafottente, presuntuoso, pieno di sé e anche snob, ma senza alcun dubbio tenacemente orgoglioso e indubbiamente capace. Con la speranza che, prima o poi, si penta di quello che ha fatto. Goodbye!

Libertas Dicendi n° 247 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

Caro lettore,

Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.

Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.