Puglia, l’ulivo prodigioso e l’ultimo imperatore

L’Alto Tavoliere non è certo Puglia patinata. Con le star internazionali a caccia di trulli o masserie da ristrutturare. Questa è antica tradizione di lavoro e fatica, lotte contadine, memorie di grandi e piccoli eroi. E produzioni eccezionali, a volte solo per adepti. Ma la bellezza c’è tutta.

Testo e foto di Gianfranco Podestà 

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Ulivi nelle campagne di Torremaggiore ©Shutterstock

È un falco. Sicuramente non una poiana, più grande, lenta, meno agile in volteggi e cabrate. Il falco si giova di questo vento quasi perenne, che muove pale eoliche distese a perdita d’occhio.

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Un falco si appresta a spiccare il volo sopra le rovine di Castel Fiorentino in cerca delle tracce di Federico II, grande falconiere ©Shutterstock

E pare proprio a suo agio a librarsi fra le pietre intagliate sbiancate dal sole, appoggiate alla collina di Castel Fiorentino.

Il cielo che vide gli attimi estremi dello Stupor Mundi

I resti della cattedrale a Castel Fiorentino. Poco più oltre, nella Domus, si trova la stanza in cui sarebbe spirato Federico II di Svevia, avendo il tempo di lasciare un importante testamento politico. L’imperatore amava particolarmente queste zone, ottimo territorio di caccia, di cui era appassionato.

Il borgo perduto. Il paese fantasma che accolse l’ultimo giaciglio di Federico II di Svevia, spirato il 13 dicembre 1250. Stupor Mundi, Imperatore del Sacro Romano Impero, Re di Gerusalemme e di Sicilia. Riformatore ardito, diplomatico abilissimo, stratega invitto, grande cacciatore e falconiere.

O forse usurpatore, sacrilego, anticristo degno di scomunica. A seconda dei punti di vista del suo tempo.

Di certo era amante delle arti, delle scienze, della letteratura. Privo di pregiudizi tanto verso l’islam quanto verso gli Ebrei. Amava i territori di caccia come la sua Daunia. E scrisse addirittura un trattato di falconeria, De arte venandi cum avibus, ricco di osservazioni dirette.

In un itinerario ideale in Puglia sulle tracce del grande svevo molte sono le tappe da percorrere. Cercando magioni, città, rocche, castelli che ne portano la firma, anche nelle architetture originalissime.

La Puglia è costellata di testimonianze architettoniche del regno di Federico II. La più famosa è la fortezza di Castel del Monte nelle Murge – ©Shutterstock

Certamente il fascinoso Castel del Monte, in cui si ritrova evidente in concetto di ottagono nella sua perfezione. Ma solo questa sarebbe la fine del viaggio, sub flore, Fiorentino, come una tragica profezia gli aveva indicato.

Forse era preparato, così Federico ebbe il tempo di dettare fra le pareti oggi abbattute e sbrecciate il suo illuminato testamento politico.

Dalla cima lo sguardo spazia libero su ogni lato: la piana colma di ulivi e vigne, le onde sinuose dei bassi colli già accarezzati dalle prime arature, i Monti Dauni, fino al poderoso promontorio garganico con i laghi costieri.

Anche su quelle acque, par di vederli, si librano da qualche tempo altri strani uccelli: colonie stabili di rosei fenicotteri e kite surf volanti multicolori.

La Stauferstele, monuento in pietra ottagonale apposto a Castel Fiorentino come in altri luoghi per commemorare gli Staufer, che furono re e imperatori romano-germanici nell’Alto Medioevo. Fedreico II fu l’ultimo degli imperatori Staufer o Hohenstaufen, del casato di Svevia.

Nonostante la sferza tagliente che fischia fra le poche mura rimaste, sarebbe bello stare qui. Godendo di una prospettiva eccezionale e della scia di nuvole cariche ed erranti che sembrano voler raccontare una terra con molti volti e una sola anima.

I volti sono quelli del granaio, del frantoio, della cantina ricolma, dell’orto fecondo. L’anima è contadina. Oggi però, almeno apparentemente, molto è cambiato.

Il colle domina l’intorno e controlla il Subappennino daunio. Questa è terra densamente coltivata, soprattutto a cereali, ulivo, vite. Una tradizione contadina tuttora viva.

Un’oliva che vale un tesoro

Le produzioni agricole e alimentari hanno fatto salti di qualità impressionanti. Qualcuna ha accettato nuove sfide, conquistato mercati lontanissimi, vinto premi prestigiosi.

Eppure, intorno a questo colle fatidico, fra Torremaggiore, San Severo, San Paolo di Civitate anche le aziende più innovative conservano uno spirito antico, un legame di sangue indissolubile con la tradizione.

L’oliva Peranzana viene coltivata esclusivamente in un territorio dell’Alto Tavoliere che corrisponde all’antico feudo dei Principi De Sangro, primi a importarla dalla Provenza.

Visitare le terre di Capitanata (da catapano, il governatore dell’Impero bizantino), attuale provincia di Foggia, è sempre un arricchimento. S’incontra storia, si vedono luoghi di architettura, arte e natura inaspettati e bellissimi.

Si scoprono produttori abili e tenaci, assaggiando cibi e vini indimenticabili. Qui siamo nella parte nord, a ridosso del Molise.

Ci siamo venuti per un viaggio pieno di esperienze, in una stagione speciale: quella dell’olio. Anche per conoscere il piccolo tesoro che rende quest’olio unico e prezioso, l’oliva Peranzana.  

Frantoi risorsa insostituibile

È una cultivar particolare; il nome pare derivi dalla regione di Provenza da cui sarebbe stata importata nel Settecento, o forse nel secolo successivo.

Di certo si coltiva solo qui, negli agri del feudo un tempo proprietà dei nobili De Sangro. Anche in ragione delle specificità pedoclimatiche del luogo (terreno fertile più correnti aeree marine e montane) questa varietà fornisce un olio EVO raffinatissimo e DOP, rigorosamente estratto a freddo, che se la vede senza problemi con i migliori di ogni latitudine.

Finita la spremitura, quando appare la prima cascatella fatta con le proprie olive, è una grande emozione.

E in più le olive sono ottime da mangiare, in varie preparazioni. E allora cominciamo proprio dai frantoi di Torremaggiore, la nostra base, altra cittadina di Capitanata da conoscere assolutamente.

Siamo in piena raccolta, gli impianti vanno a tutto regime, giorno e notte. Ma anche ora un sorriso e un benvenuto agli ospiti non potrà mai mancare.

La qualità al primo posto

Si chiama Nonno Vittorio ed è un frantoio ad alto tasso di tecnologia, oltre che moderna azienda vinicola. Qui sono ben consci di dover trattare la Peranzana con i guanti per esaltarne tutte le proprietà.

E allora è necessario ottimizzare il connubio tra terra, agricoltori e frantoio. Assistiamo al ciclo.

Il frantoio Nonno Vittorio è un saldo riferimento nel mondo oleario di Torremaggiore. La stessa ricerca della qualità viene applicata tanto per la produzione col proprio marchio, quanto per i terzi, grandi o piccoli.

Dal piccolo produttore, con qualche cassetta di olive per autoconsumo, al grande con i rimorchi stracarichi, tutti ricevono lo stesso servizio e la medesima cura.

E ognuno attende, come fosse in sala parto, l’emozione dell’oro verde a riempire i contenitori. Idem per la produzione della casa: una ricerca costante della qualità e del miglioramento.

Molti i riconoscimenti, con un export in progressiva crescita, in particolare per l’extravergine bio.

Sei generazioni e una storia da difendere

L’aggettivo Antico per il Frantoio Ugo Ametta significa sei generazioni, quasi due secoli di storia. Chi cerca l’Extravergine Dop Dauno di Peranzana sa di ritrovare con certezza il sapore di un olio autentico, puro ma schietto.

Per questo è molto richiesto da tanti italiani all’estero, disposti ad accollarsi costi non indifferenti per portare in tavola qualcosa che almeno in parte possa mitigare la nostalgia del passato.

Nel frantoio tradizionale la spremitura a freddo avviene attraverso una pressa nella quale vengono impilati i dischi filtranti riempiti con strati della pasta di olive precedentemente ottenuta da una macina in granito.

Sull’etichetta della bottiglia l’effige di un austero signore d’altri tempi: Vincenzo Ametta, trisavolo di Ugo, con il figlio Enrico oggi al timone dell’azienda, da cui tutto è cominciato.

Un oleificio tradizionale, condotto con la passione e l’attenzione di chi sente la responsabilità di una solida reputazione da preservare.

Il castello del principe alchimista

Sotto un cielo cangiante, con il sole che sfida il vento di novembre e qualche scroscio improvviso, la raccolta va avanti. L’oliva secondo le nuove tendenze va portata alla molitura ancora non del tutto matura, e trattata entro 6/12 ore: così darà il meglio.

Ma siamo vicinissimi al centro di Torremaggiore, dalle vie e vichi lastricati, case e palazzi per lo più d’inizio secolo scorso, botteghe e soprattutto panifici individuabili anche a occhi chiusi.

Il castello Ducale, una delle dimore dei principi De Sangro. Il nucleo centrale è di origine bizantina.

La leggera salita converge al Castello Ducale, per cinque secoli una delle dimore dei De Sangro, principi di San Severo. Il cuore è ancora un’austera torre bizantina, nonostante gli interventi successivi. Il piano ammezzato ospita la mostra archeologica dei reperti di Fiorentino.

Si dice che quanto rinvenuto sia ben poco rispetto a quel che si potrebbe trovare con una campagna di scavi. E il sito davvero meriterebbe attenzione e valorizzazione.

Reperti rinvenuti a Castel Fiorentino, nelle sale del museo sito nel castello Ducale di Torremaggiore. Nel frammento a destra si riconosce la Croce di Gerusalemme, anche simbolo dei Cavalieri del Santo Sepolcro.

L’entusiasmo contagioso di una grande famiglia

Idee guida ben presenti fra quelle applicate costantemente dal frantoio oleario Principe Pa.Vi.Ro.. Nato dall’impegno e dalla dedizione alla terra dei tre fratelli D’Ettorres, oggi affiancati da figli e nipoti.

Una grande famiglia compatta ed entusiasta in cui le energie delle giovani generazioni incoraggiano l’apertura verso l’innovazione, si mettono al servizio di tutti per un miglioramento costante.

E sono le figlie a dare il contributo più stimolante. Ragazze che hanno studiato, capaci di vedere nuovi orizzonti.  Così ad esempio, i noccioli delle olive, dall’ottima resa calorica, vengono impiegati per produrre energia.

I tre fratelli D’Ettorres sono al vertice di una grande famiglia impegnata nell’azienda olearia Principe Pa.Vi.Ro. Tutti danno il massimo, ma la componente femminile apporta una contagiosa ventata di innovazione ed entusiasmo.

Nell’ampia sala del moderno stabilimento, accanto ai macchinari avanzatissimi per la molitura un vasto spazio ospita un accogliente corner vendita e arredi per eventi conviviali.

Perché tutto deve essere fatto alla luce del sole, coniugando affidabilità, trasparenza, tradizione e rinnovamento. E anche qui fioccano riconoscimenti.

Un olio che viene dal futuro

Nel caso entrassimo bendati faticheremmo a comprendere se si tratta della sala controllo di una mega centrale elettrica o di un reparto produttivo evoluto della Silicon Valley.

Invece, nonostante tutto il personale sia in camice bianco e la catena di centrifughe posta in serie sia celata dietro a display che mostrano i nomi dei conferitori le cui olive sono in fase di spremitura, questo è un frantoio.

E precisamente l’azienda De Cesare, produttrice conto terzi, e in proprio con il marchio Maulivo.

La sala del frantoio De Cesare. Impianti avveniristici per trarre il massimo dalle olive.

Attiva dal 1970 oggi è quanto di più avanzato si possa trovare nella zona, alla ricerca di un trattamento delicatissimo per dare personalità e massima qualità all’olio Evo DOP di Peranzana.

Che sa regalare un sapore dolce e un po’ fruttato con un armonioso retrogusto amaro. Poi mandorla, carciofo, pomodoro e profumo di grano fresco di trebbiatura.

Basta una goccia e la terra d’alta Puglia sarà sulla nostra tavola. Pure Maulivo è ormai olio blasonato da concorso.

Echi misteriosi del Cristo Velato

La Chiesa di Sant’Anna a Torremaggiore, già cappella privata dei Principi De Sangro, passata nel 1756 all’Arciconfraternita del Santo Rosario.

Schivando trattori e rimorchi sferraglianti, torniamo nel centro di Torremaggiore, che non cessa di sorprenderci. Nel cuore storico, il borgo antico detto Codacchio, poco discosta alla Chiesa madre di San Nicola, si trova la Chiesa di Sant’Anna.

Visitabile su richiesta, venne edificata nel 1701 come Cappella funeraria della nobile famiglia De Sangro, in seguito donata dell’Arciconfraternita del Santo Rosario da parte del citato Principe Raimondo, personaggio geniale e poliedrico, nel 1756.

La statua in legno del Cristo Morto parzialmente bruciata. Accanto, una riproduzione del celeberrimo Cristo Velato di Napoli. Le similitudini sono notevoli.

Piccola e raccolta, incanta con gli stucchi dorati e gli azzurri pastello, ma soprattutto custodisce, dietro a quella rifatta successivamente, i resti dell’originale statua lignea del Cristo Morto, parzialmente bruciata durante l’incendio del 1926.

Stupisce come forme e postura, ancora ben distinguibili, riprendano quelle del meraviglioso Cristo Velato, opera in marmo del Sanmartino commissionata proprio dallo stesso Raimondo De Sangro, oggi visibile nella Cappella Sansevero a Napoli.

Here’s to you…

Le case del centro storico di Torremaggiore. Via Fiani e le altre strade principali sono intersecate da stretti “vichi”.

Si cambia epoca e, di molto, prospettiva, attraversando uno dei vichi centrali. Affissa al muro di una casa semplice e simile a molte altre della via c’è una targa. Ci ricorda che lì nacque nel 1891 Nicola Sacco.

La targa apposta sulla casa natale di Nicola Sacco. La tragica vicenda di Sacco e Vanzetti, immigrati negli USA e ingiustamente condannati a morte, è stata raccontata da libri, opere teatrali, film e canzoni, tra cui la famosissima “Here’s to you (Nicola and Bart)”, scritta e cantata da Joan Baez su musica di Ennio Morricone.

Immigrato negli Stati Uniti e quindi giustiziato insieme a Bartolomeo Vanzetti senza prove, a causa delle sue idee di libertà considerate sovversive, come riconosciuto dalle autorità statunitensi cinquant’anni dopo l’esecuzione.

Un incontro imprevisto per un momento commovente. Ma siamo come detto in terra da sempre di lavoro, lotte, fatica, passioni, voglia di riscatto. Meglio ricordarselo.

Mangiare & Dormire

La presenza di un’oliva tipica, buona da mangiare e ottima per la spremitura, insieme alle diverse produzioni agro alimentari ha fatto nel tempo di Torremaggiore un centro rinomato per la gastronomia.

La cucina ovviamente ruota attorno al raffinatissimo olio extravergine di Peranzana, che si coniuga perfettamente con preparazioni tradizionali e altre più innovative. Ma gli stimoli per i buongustai sono davvero vari e interessanti.

La transumanza dal Molise, un’altra tradizione del territorio dauno che ha influenzato la cucina tipica. La convivenza tra pastori e agricoltori non è sempre stata facile. Oggi, fortunatamente, ne cogliamo solo gli aspetti positivi, a tavola.

Piatti intrisi di storia popolare, echi di mietiture e transumanze, vini sempre più evoluti e i doni del mare, lì a un tiro di schioppo.

Una buona offerta di strutture alberghiere completa il panorama e invita a una sosta, fuori dalle spiagge affollate d’estate, dentro a un mondo autentico e accogliente in tutte le altre stagioni.

Le tre volte – Via B.Buozzi 4, Torremaggiore

Il nome si deve al fatto che il locale è stato ricavato da un antico frantoio con tre caratteristiche volte a cappuccio. La cucina si ispira alla cultura di Daunia, facendo della genuinità un ingrediente fondamentale.

Oltre alle tipicità locali, dalle paste fresche, alle delizie casearie, agli insaccati, diverse le preparazioni con pesce dell’Adriatico e un cavallo di battaglia che miete premi: il baccalà.

Fra le varie ricette, su tutte il baccalà c.t.b. su crema di fagioli cannellini, cime di rape e briciole di pane croccante, ma rimarchevole anche lo spaghettone con lamelle di baccalà, melanzane e datterino giallo. Carta dei vini accurata, cortesia e simpatia.

Il baccalà delle Tre volte miete premi ai concorsi: l’olio Evo dà il suo prezioso contributo.

La terrazza del borgo – Via F.Piccinino 48, Torremaggiore

Un ambiente molto caldo con mattoni a vista e tanto legno. Nella bella stagione disponibile l’ampia terrazza al piano superiore. La caratteristica del ristorante è la ricerca puntigliosa di materie prime di qualità.

Fra gli antipasti tradizionali emergono le focacce cotte a legna, prosciutto irpino affettato al coltello, scamorze artigianali. Quand’è periodo insalata di porcini freschissimi.

Notevoli il pancotto o la passata di patate alle erbe di campo, ideali per un connubio con l’olio di Peranzana. Dolci casalinghi, buone etichette non solo del territorio. In sala la componente giovane della famiglia, entusiasta e solerte.

Nella cucina contadina le erbe di campo sono un ingrediente gustoso e ricorrente, ma l’olio è fondamentale. Ecco la versione della Terrazza.

Capolinea60 – Via Sacco e Vanzetti 60 – Torremaggiore

Un locale funzionale, con tocchi di design, che abbina proposte basate su prodotti tipici ad altre più fantasiose, ma sempre badando alla sostanza. Il must sono le pizze, a base di farine selezionate e proposte in versioni classiche o creative.

Un esempio, Pizza Patanell: con fiordilatte Deliziosa, purea di patate viola, pomodorino giallo semidried, pancetta croccante, basilico e olio EVO. Fra gli sfiziosi piatti che evocano il territorio, ecco le bombette pugliesi ripiene di caciocavallo podolico.

Di tendenza gli hamburger, con carni pregiate. Un posto friendly, anche per amanti delle birre speciali.

Capolinea60 significa anche ottime pizze, ogni volta, oltre alle classiche, reinventate secondo stagione e disponibilità di prodotti.

Il vicoletto – Via Garibaldi 49, Torremaggiore

Nel cuore del centro storico, in una casa antica accogliente. Il proprietario, pronto a svelare i segreti della sua cucina, ha lavorato per anni al nord. Quando è ritornato ha voluto creare un luogo in cui i sapori veraci della sua terra potessero esse gustati in tutta la loro ricchezza.

Verdure degli orti, salumi di campagna, paste fatte in casa indimenticabili. Come i “ditoni” di grano riarso, un tempo la farina del cereale concesso dal possidente al bracciante dopo la bruciatura delle stoppie.

Oggi, molto più raffinato, una delizia.  Lo stesso usato per uno degli ottimi pani home made. Cantina all’altezza in cui domina il meglio delle produzioni, locali e di Puglia. Squisiti dolci tradizionali.

I dolci tipici della Daunia hanno il sapore ineguagliabile della semplicità. Un regalo della natura, da assaggiare al Vicoletto.

Il Simposio – Via Della Costituente 165, Torremaggiore

Il mare è a meno di mezz’ora di strada. Questo significa pesce freschissimo e le proposte del giovane chef Emilio attingono dal pescato giornaliero spesso in abbinamento con prodotti locali.

Da citare il polpo a cottura lenta adagiato su una delicata passata di patate del contado, con il supporto di olio Evo di Torremaggiore.

La tradizione emerge con sagacia ad esempio nella pasta casareccia detta “tre dita” in connubio con frutti di mare, delicati e sapidi al tempo stesso. Staff giovane, per un locale moderno e confortevole: un angolo di Adriatico in Daunia.

Il mare è a pochi chilometri e fornisce pescato freschissimo da abbinare ad esempio a pasta tipica, come la “tre dita”, quelle che servono per darle forma.

B&B L’abbazia – Via Solferino 128, Torremaggiore

Il nome evidenzia l’origine di questa struttura accogliente e carica di storia della cittadina pugliese. La costruzione sorge infatti sui ruderi del Monastero intorno al quale ebbe origine Torremaggiore.

Dispone di 4 ampie camere denominate frate, abate, cardinale e vescovo. Hanno colori diversi come il rosso, il riposante celeste carta da zucchero e il tortora e sono dotate di ogni comfort con un arredamento moderno e funzionale, e ognuna con servizi privati. In pieno centro, un indirizzo da consigliare.

B&B Flore – Via Milazzo 149, Torremaggiore

Nuovissimo, posto all’ingresso del reticolo urbano centrale, molto comodo e con un ottimo rapporto servizio/prezzo. A conduzione familiare, fa parte della rete Puglia Ospitale.

Anche qui camere contraddistinte da colori diversi, confort e funzionalità. Posto auto e accoglienza anche per chi non vuole separarsi dagli amici a quattro zampe.

Comune Torremaggiore

Testo e foto di Gianfranco Podestà |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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