Piemonte, Val Maira. Quel mazzolin d’acciughe


La Val Maira è depositaria di storia millenaria riflessa nella natura e di storie inaspettate, che conducono alla scoperta delle acciughe in un’impervia valle montana.

La Val Maira prende il nome dall’omonimo torrente e si trova in provincia di Cuneo, a pochi passi dalla Francia. È una stretta valle alpina, che conduce alla scoperta di luoghi inaspettati e celati come un tesoro prezioso. Pur essendo piemontese, ho scoperto la valle per caso assaggiando delle acciughe durante una degustazione di birre in una sera d’inverno. Così è iniziato un cammino di esplorazione che, attraverso antichi mestieri e natura sorprendente, mi ha condotto alla Confraternita degli Acciugai.


Tutto si trasforma e le montagne, apparentemente immutabili, sono la testimonianza di quanto ciò avvenga senza che ce ne accorgiamo. Le cime qui si ergono maestose sul territorio sottostante come testimoni delle diverse ere geologiche. L’altopiano calcareo della Gardetta si presenta come una conca chiusa dai monti, con declivi più o meno scoscesi. In inverno è la meta preferita da chi pratica lo sci d’alpinismo, mentre in primavera mostra il risultato di ciò che la natura è in grado di produrre: ovunque piante in fiore e marmotte, che corrono con passo pesante sui prati verdi. Trecento milioni di anni di storia raccontati dalle rocce: magma sotterraneo, lava vulcanica, mari tropicali, spiagge e fondali oceanici. Tutto impresso indelebilmente su questi monumentali picchi. L’altopiano offre paesaggi straordinari, che diventano magici se vi si reca di notte ad osservare le stelle.

La Val Maira presenta un’architettura peculiare. Le abitazioni tipiche sono realizzate in pietra a base rettangolare, con travi di legno a sostenere il tetto a lose: micascisti simili all’ardesia spaccati a lastre. Altra tipologia di costruzione è quella della casa-villaggio come testimonia la borgata Ubac, che in occitano significa “all’ombra”. Si presenta come un insieme di case unite da un solo tetto sorretto da alte colonne in pietra. Questo è il modo che l’uomo ha trovato per adattarsi al meglio all’ambiente circostante, raggiungendo lo scopo di proteggere la strada dalle intemperie e conservare una temperatura migliore durante i freddi mesi invernali.


Non ci sono molti abitanti in Val Maira, le borgate piano piano si sono spopolate e ormai sono poche le persone che vivono qui in ogni stagione dell’anno. L’abitudine di emigrare in cerca di lavoro risale alla metà dell’Ottocento, quando le ristrettezze e l’isolamento si facevano sentire pesantemente. Nacquero così i cosiddetti “mestieri itineranti”, che portavano lontano da casa per lunghi periodi i giovani uomini.  I caviè, raccoglitori di capelli, erano originari tutti della zona di Elva, un paesino aggrappato alla montagna, che a volte viene avvolto dalle nuvole. Fino ai primi del Novecento il mestiere rimase molto in voga tra le donne, che vi si dedicavano in inverno. I capelli portati dai raccoglitori venivano divisi in base a colore, spessore e lunghezza. Una volta lavati in acqua, soda e sapone di Marsiglia venivano raccolti in ciocche ed inviati ai produttori di parrucche, che prediligevano i capelli biondi, destinati ai Lord inglesi. Con pazienza, precisione e il solo ausilio del tatto, nelle buie serate invernali, le donne selezionavano e dividevano i capelli, sapendo che il loro duro lavoro avrebbe aiutato l’economia familiare.

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