
E’ un’emozione vederli decollare dalle sponde del lago: idrovolanti dalla linea dinamica, discendenti di quello stile che aveva coniugato i miti di Dedalo e dell’eroismo pioneristico in una perfetta plasticità delle forme. Siamo a Bolsena, incantevole borgo medievale sulle sponde dell’omonimo lago vulcanico, il più profondo d’Europa, a mezz’ora di strada da Viterbo e in quel tratto di alto Lazio che strizza l’occhio all’Umbria e che solletica i confini meridionali della Toscana. Qui, negli Anni Venti del XX Secolo, la Regia Marina scelse di installare la sua Regia Scuola Idrovolanti (con quella di Foggia una delle più importanti), in un’area che si chiama ancora hangar dal nome delle grandi strutture in cui gli apparecchi venivano posti al sicuro, pronti per essere curati da abili tecnici manutentori.

Se i sogni son desideri, questo è un volo in formazione che all’altezza dell’Isola Bisentina declina in una virata e in una discesa veloce. Un idrovolante rompe la formazione e scivola verso il canneto, verso le calette del Lago di Bolsena, un incantevole tratto di lungo lago ancora oggi poco noto ai turisti. La deriva si incaglia, i galleggianti sotto le ali si muovono di colpo per poi stabilizzarsi subito. Si sbarca, con le ginocchia bagnate da un’acqua calda e trasparente vicino a una spiaggetta: larga poco più di due metri per una profondità di un metro, con la sabbia grossa, vulcanica, quella che si infila dappertutto appena gli indumenti bagnati si adagiano sulle dune. A destra la linea di terra corre in circolo, talvolta interrotta da strutture a palafitta e dalla scogliera bianca del porto turistico, dal quale svettano gli alberi dei cabinati ormeggiati tutto l’anno perché di avventurieri, come al mare, il lago è pieno. Avventurieri come chi, ormeggiati i “caproncini”, rivolge le lenti degli occhiali e la punta del naso al sole caldo.

La testa leggermente sollevata e lo sguardo puntato all’orizzonte: l’attenzione è per un motoscafo che si muove verso nord, un puntino in un lago vastissimo e molto profondo (150 m) i cui abissi conservano ricordi di estati passate e di voli non sempre piacevoli ma comunque, ormai, parte della storia e dei meandri dello specchio d’acqua vulcanico a 20 km da Orvieto. Parliamo del Boeing B17 inabissatosi durante la Seconda Guerra Mondiale e dell’ultimo ammaraggio di un Lake LA-4-200 Buccaneer, splendido monomotore anfibio turistico degli Anni Cinquanta, colato a picco dopo un guasto a metà dei Duemila. E’ il momento di rientrare. Corsa breve sulla superficie, cloche indietro e il muso che si solleva; l’aereo resta a pochi metri dal pelo dell’acqua, quanto basta per coprire poche centinaia di metri e sufficiente al secondo per immortalare scorci da togliere il fiato.
Testo di Marco Petrelli, foto di Andrea di Sorte |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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