
In lingua maltese si scrive Ġgantija ma si pronuncia all’italiana (Gigantia). Sono i due templi dell’isola di Gozo, più piccola rispetto a Malta. Il fascino che questo complesso megalitico sprigiona è assolutamente unico: con lo spazio libero che gli è stato creato attorno, è facile per la fantasia animarlo dei personaggi che, circa 3600 anni prima della nascita di Cristo, l’hanno edificato.
Gente poderosa, forte. La fantasia popolare parla di giganti capaci di trasportare lastre di granito pesanti migliaia di tonnellate.
Autista e cicerone
La prima volta che ho visitato il famoso tempio ci sono arrivato a bordo di un vecchio taxi nero guidato da un autista molto popolare nell’isola: Charlie Borg, da tutti chiamato Ziz; popolare perché perennemente disponibile (Day&Night Service) addirittura con due auto – una di rappresentanza, l’altra il taxi nero – oltre che per i due recapiti telefonici: uno fisso e l’altro mobile, segno di modernità tecnologica, per quei tempi.
Dunque il sempre sorridente Ziz mi viene a prendere nel porto di Mġarr (pronuncia: Im-Giar) dove il traghetto arriva dalla maltese Cirkewwa (Circheua); dopo un quarto d’ora circa di morbide salite e continue giravolte in stradine sempre più strette, l’auto arriva nel villaggio di Xaghra (Sciara).
A poca distanza, isolato, c’è il complesso di Gigantia. Come prima cosa, una volta raggiunto il recinto che accoglie i due templi, Ziz mi assicura che la storia dei giganti è assolutamente vera; una stirpe di super uomini venuti forse dalla Sicilia (ammette a malincuore) che ha costruito – non si sa bene come – queste meraviglie di pietra; Ziz si sente anche in dovere di aggiunge che i due luoghi erano e continuano ad essere luoghi sacri; luoghi che emanano mistero ed evocano antichi sacrifici umani.
Nel sussurrarlo, serio e compreso, Ziz fissa ad occhi sgranati un’antica pietra rotonda con una cavità al centro, dalla quale – assicura – scorreva il sangue dei riti purificatori.
Anthony Bonanno, l’archeologo dei Templi

Dal pittoresco approccio a Gigantia con Ziz, alle successive interessanti visite con l’archeologo e amico Tony Bonanno, conosciutissimo a livello europeo per gli studi compiuti e le relative pubblicazioni sui templi megalitici maltesi.
Mentre girovaghiamo tra i “fiori” disegnati dalle mura del complesso, Tony conferma (in parte), la leggenda dei primi visitatori o coloni giunti nelle isole attorno al 5000 a.C. e nel 4000 con una seconda ondata dalla Sicilia.
A quell’epoca, dice, l’ambiente era ricco di vegetazione e abitato da orsi, cervi, volpi e altri animali ancora; Gigantia è stata edificata fra il 3600 e il 3300 a.C. (non si è ancora appurato “come” abbiano trasportato ed eretto le impressionanti lastre di granito) impiegando la pietra calcare corallina per gli esterni, mentre la più morbida pietra globigerina è stata usata per il resto: altari, lastre decorative, interni.
L’espansione della cultura dei vari templi delle isole, aggiunge il Prof. Bonanno, ha determinato un forte incremento demografico (forse 11.000 abitanti) che ha portato, con il disboscamento selvaggio che ne è seguito, a un veloce collasso ambientale (poca acqua, poca terra, poco verde) che ha finito per determinare la fine della cultura dei templi.
Enigmi archeologici

Il fascino di Gigantia permette al Prof. Bonanno di aggiungere dotti approfondimenti sulla funzione religiosa dei templi maltesi e sulle statue o figure adipose qui rinvenute.
Anzitutto, assicura, oggi sono tutti d’accordo nello stabilire che i vari templi rivestivano una funzione essenzialmente religiosa, che tuttavia non era l’unica; infatti i siti fungevano anche da centro amministrativo, da luogo di raccolta e smistamento dei prodotti agricoli.
A riprova di ciò, il professore fa notare i sistemi di sicurezza ancora visibili all’interno degli ingressi – sia principali che secondari – e i vari strumenti per pestare e macinare il grano, oltre ai grandi recipienti destinati a contenere le derrate alimentari all’interno degli edifici; l’ipotesi attuale più verosimile, conclude Bonanno, è che la casta di persone destinata al culto del luogo avesse anche funzioni pratiche di raccolta e controllo delle merci.
Le figure adipose dei Templi
Tornando alla religiosità dei luoghi, Anthony Bonanno considera ancora più intrigante la questione arcinota delle figure rappresentate nei templi: figure in argilla cotta, ma soprattutto in pietra, di svariatissime dimensioni: da figurine in miniatura a statue colossali. Il soggetto più volte rappresentato è un personaggio con forme adipose muliebri ma senza seni o altra identità sessuale, con l’eccezione della cosiddetta Venere di Malta proveniente dal tempio di Haġar Qim (Agiar Im) e della statuetta dormiente ritrovata nell’ipogeo di Hal Saflieni (Al Saflini); statuette entrambe in terracotta e di dimensioni ridotte.
L’interpretazione tradizionale, ripetutamente proposta da archeologi ed antropologi, vede in queste figure le manifestazioni di un culto universale della Dea Madre.
Negli ultimi tempi, continua Bonanno, si è fatto strada il sospetto che queste raffigurazioni non rappresentino affatto una divinità, bensì degli antenati o addirittura dei leader sociali (capi tribù o sacerdoti) anche se in forme umane evocanti la prosperità e la fecondità della terra.
In questo modo, conclude il professore maltese, il tempio diventa un centro di culto degli antenati della comunità e le statue qui poste in evidenza appaiono come simbolo di fecondità della terra, i cui prodotti vengono raccolti e generosamente redistribuiti dal capo tribù e dalla sua stirpe.
Libertas Dicendi n°370 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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