Belgio: dove cresce il New-Design

Siamo onesti: se vi dicono Belgio, cosa vi viene in mente al di là della cioccolata? Non molto altro. Il Belgio resta una entità territorial-antropologica sconosciuta, abitata dai belgi, considerati un popolo poco divertente e con scarse connotazioni originali. Tutto sbagliato. E’ ora di liberarsi dall’ignoranza per conoscere una realtà quieta ma frizzante, ordinata ma vivacissima. La   chiave di lettura è il new-design, corrente brillante, in crescita e in progressione. L’occasione è la design-week che, a settembre, dal 23 al 25, metterà in fermento Bruxelles: meglio prepararsi.

Sfoglia il magazine Vai alla photogallery – Vai alle info utili Scarica il pdf

Bruxelles , una capitale eclettica

Bruxelles ha fatto dell’eclettismo architettonico un eclettismo culturale. Qui tutto è sfumato, tutto cambia nel breve corso di una strada. Una città che finge di rivelarsi allo sguardo del visitatore ma che poi gli sfugge, rinnegando tutte le categorie in  cui si pensava di averla costretta. Il panorama cittadino è frutto dell’ assemblarsi di 19 comuni, ognuno con il suo carattere originale e che tale si conserva. La Storia stessa è all’origine di questo fluido proporsi. Forse è proprio qui che venne gettato il primo seme del concetto di Europa. Le  strade che vedete erano quelle del Ducato di Borgogna, piccolo regno la cui splendida corte  faceva impallidire quella del re di Francia. Da qui si intrecciarono le grandi dinastie che ressero l’intero continente,  e qui vicino, in quel di Gand, venne alla luce Carlo V, l’imperatore che dominava il mondo vecchio e quello nuovo restando per sempre  un figlio delle Fiandre. Eleganza e  raffinatezza della corte borgognona, si sono mischiate nei secoli ad influenze esterne; ma è come se tutto fosse stato inghiottito da questa città che pare cedevole,  mentre ingloba il nuovo trasformandolo, restituendolo cambiato e conservando intatta, ma ecletticamente contaminata, la propria identità. Quello che vi proponiamo è un esperimento: un viaggio attraverso la città al seguito del design, un itinerario per strade e vicoli e piazze incontro a designers giovani e talentuosi, gallerie dove si propone quello che di nuovo, eccentrico o funzionale, i cervelli nazionali (e non solo) hanno realizzato, i locali , i bar, gli alberghi, le boutique, che guardano al design come ad una cifra che ne definisce l’identità. Un viaggio all’incontrario: dai luoghi alla città, dal piccolo per raccontare il grande.



La panca rossa

Prima di cominciare, è bene presentarsi alla città e tentarne la conoscenza. Tutto quello che c’è da sapere (e capire) è esposto  al BIP, l’ Ufficio del Turismo, in Place Royale 2-4. Siamo in piena zona monumentale, nel quadrilatero dei musei. Sede del BIP è l’Hotel de Grimbergen et de Lalaing, un bel palazzo neoclassico datato 1770; qui è allestita una esposizione permanente multimediale sulla storia della città.  Nelle sale dai soffitti settecenteschi, si apprezza da un punto di vista privilegiato, il complesso neoclassico del Palazzo Reale e si guarda Bruxelles con occhio divertito: quattro piani fitti di mappe, immagini, antiche planimetrie. Di qua pendono curiose sfere luminose che sono microfoni da cui si diffonde musica locale, di là una mostra fotografica sui tanti volti degli abitanti, poi strani ombrelli neri che nascondono immagini della città, igloo con video e molte altre trovate genial-multimediali. Quelle lunghe panche rosse in metallo brillante che incontrate qua e là, sono un pezzo di design di Xavier Lust, talentuoso designer belga vincitore di un concorso per la seduta più bella che, con la sua panchina,  ha colonizzato la città. Curiosamente l’esposizione nonostante sia gratuita e molto ben fatta, va  spesso deserta. Da visitare con i bambini che si divertiranno un mondo. Notevole il bookshop con moltissimo materiale sulla città, la sua storia e le iniziative in corso.



Largo ai giovani

Christian Oosterlinck è un ibrido tra un mecenate moderno, un mercante d’arte, uno scopritore di talenti. La sua galleria, Design Flanders, poco distante dalla zona dei musei e ad un passo dalla Grand Place, ha come motto ‘gives young talent the chance to grow’. Due livelli, grandi vetrate e raffinati pezzi di design assai selezionati,  fanno della Design Flanders uno spazio dove si promuove e si racconta il design contemporaneo:  in un inglese gutturale e assai fiammingo Oosterlinck, ci racconta la sua attività. Accessori, ceramiche, vetri, gioielli, tessili, arredi; solo di rado i pezzi esposti si vendono, generalmente chi è interessato contatta direttamente il designer in questione i cui dati sono riportati di fianco ad ogni creazione. Indubbiamente qui si selezionano genio, sregolatezza, azzardo, arte, in varie gradazioni. Come nella cassettiera di assi di abete grezzo che nasconde cassetti ipertecnologici, opera di Raphaël Charles o nella vertiginosa linea del prototipo di fuoribordo di Koen Beyers. Il punto d’incontro tra design e glamour si trova nella delicata collezione di gioielli in maglia d’argento a firma Ria Lins, attualmente in bella vista al piano inferiore. Oltre ad esporre, la galleria svolge una importante funzione di sviluppo e scoperta dei talenti emergenti segnalandoli alle aziende, organizza incontri con i designers e pubblica  Kwintessens, periodico che racconta il design delle Fiandre; inoltre Design Flanders  è pure un autorevole  centro di documentazione per il settore. Design Flanders, Koloniënstraat 56.



New design dietro un cuore haussmaniano

Si sa, Parigi è vicina. Il terremoto edilizio che disfece la vecchia Parigi sostituendola con i grandiosi  Boulevards del barone Haussmann e le loro le infinite teorie di edifici grigi e algidamente eleganti,  arrivò fino qui. Boulevard Anspach, è una replica dei grandi viali parigini, solo un filo meno perfetto: qui l’aria è decisamente più vitale. Siamo dietro la Borsa e in un mondo tutto diverso da quello iper turistico che ruota attorno alla Grand Place,  a pochi minuti da qui. E il Boulevard Anspach , già distante  caratterialmente  dal centro,  segna come un confine. Alle sue spalle si allarga a raggio un altro mondo, i quartieri  di Sainte Catherine e quello di Saint Géry, che stanno diventando di moda ma che, per ora,  sono ancora incantevolmente veri e vissuti. Questa, fino a pochi anni or sono, era una zona malfamata che poi , per quei meccanismi difficili da capire e da manovrare, ha ripreso vita. Ed ecco oggi un proliferare di piccoli caffè, locali e una serie di indirizzi da non perdere. Tanto per capire l’atmosfera del luogo, è bene entrare alle Halles Saint Géry, vecchio mercato del 1881 tutto in mattoni rossi a vista e tanto metallo in odore di art noveau. Oggi è un bello spazio espositivo con gradevole bar. Al 4 di Rue des Teinturiers ecco la Boutique de  Mademoiselle François, piccolo shop allestito come un boudoir che vende abiti, accessori e scarpe in design anni ’20-50, confezionati or ora ma che sembrano pezzi d’epoca. Per feticisti del piede. Espace Bizarre si trova a due passi, in Rue des Chartreux 19; lo spazio fa onore al suo nome ed è il regno di un felice disordine. Tra pezzi ormai parte del patrimonio di ognuno di noi a firma Foscarini, Moroso, Marimekko, spiccano oggetti di puro design Belga. Come BooBoo, tavolo con sedia correlata di design quasi cubista per bambini a firma Bram Boo, e Piano, il bellissimo attaccapanni in legno chiaro,  di Patrick Seha. Il cacciatore di design trova la sua patria da Toit, al n° 46 di Rue des Chartreux. Qui, in due piani fitti di mobili, vetri, gioielli, accessori, borse, officia Frédérick Bartélemy, patron e designer a sua volta, cordiale e sufficientemente padrone della lingua italiana da garantire  un ottimo scambio di vedute a chi arriva dalla penisola. Toit, galleria divisa in due livelli tanto piena di cose (belle) da ricordare il Vittoriale, è organizzata in un disordine accogliente come fosse una vera casa. Non a caso il logo recita: ‘la maison de la maison’. Uno dei pezzi forti si chiama TWU, acronimo di Twist Wedge& Up, un sistema modulare di scaffali assemblati senza chiodi né viti e replicabile all’infinito. Lo firma Alain Chennaux, belga purosangue. Ad una  belga, Martine Seguy, si devono due originali creazioni: una sorta di conchiglia a muro. Paper Shell il suo nome,  fatta di infiniti ritagli di carta in mezzo ai quali si può infilare un foglio o delle foto; semplice, geniale e da prendere al volo. Meno originali, seppur interessanti le shopping bags su cui la designer ha serigrafato ritagli di giornale che parlano di cucina e di alimentazione, battezzate, Coupe de Presse. Proseguite fino al fondo della via e vi troverete nella piccola Place de Jardin aux Flores. Al n° 5 il design si applica agli abiti, alle calzature e agli accessori. OWN Shop è quello che oggi si definisce un concept store: linee maschili e femminili, accessori, gioielli. Tutto a firma di due stilisti formatisi alla corte di Martin Margiela, l’Armani belga. Il negozio merita una visita perché è quasi più interessante per il design e l’allestimento.  Come ovunque nel mondo, via via  che le zone diventano appetibili, i giovani artisti vengono spinti verso la periferia. Così accade anche qui; sul fondo della rue Dansaert, ai limiti del quartiere omonimo si incontrano alcune realtà fuori dall’ordinario. Quaggiù la strada assume un profilo popolare e multietnico: al 182 si trova uno dei luoghi più interessanti   per il design, La Fabrika. La galleria vende pochi pezzi selezionati (e piuttosto cari). Uno dei designers del gruppo è Benoit Deneufbourg, membro del b.dnbdesignstudio che qui espone alcuni suoi prodotti. Il ragazzo, poco più che 30enne, è piuttosto geniale come mostrano le sue creazioni: uno sgabello con top in quercia e acciaio e una lampada da tavolo glamourossima;  Tanto per cambiare un poco genere di prodotti, recatevi da Christa Reniers, designer di gioielli con due negozi-laboratori in città. Lo shop in rue Dansaert 196 è magnifico: a terra vecchie marmelle policrome, legno, metallo e le luci a soffitto affidate ad una serie di spot montati su una struttura in legno chiaro. Pezzi unici in oro giallo, bianco, in argento e pietre semi-preziose, design ardimentoso, soprattutto negli anelli in argento. Prezzi accettabili. Per concludere, ancora uno stiloso fashion designer, Marcel, boutique concettuale che ha disegnato la collezione année érotique,  abiti vagamente retrò, ispirati ai nomi del glamour anni ’60 e ai luoghi simbolo della bella società dell’epoca, come  Negresco o Biarritz,  guardando a Twiggy e a Marilyn. Anche qui vale la pena di fare un giro per apprezzare l’allestimento. Le Fabouleux Marcel de Bruxelles, come recita la brochure, ha anche una linea uomo e bambino, queste più sport che retrò. Marcel, 8 rue du Marchè aux Porcs.



Marolles, la “Scapigliatura” di Bruxelles

Nessuno arriva a Bruxelles senza sapere di Marolles, quartiere emergente, alla moda, etnico, operaio, da vedere ad ogni costo. Tutto vero: qui si agitava la classe operaia del secolo passato, qui nacquero le resistenze e le lotte proletarie, orgogliose e ribelli. Oggi, le fabbriche ormai chiuse, Marolles è diventato crocevia dell’immigrazione e del tentativo di integrazione. Il quartiere è bello, vivace e ancora autentico, fatto di vicoli stretti e strade lineari, di ciottoli e di vecchie botteghe. Certo, il fiato del futuro alita su Marolles che comincia a essere molto alla moda. Per fortuna resta intatta la forza eversiva del Mercato delle Pulci che si tiene ogni mattina nel cuore pulsante del quartiere, place du Jeu de Balle. Qui tutta la forza propulsiva di Marolles, quartiere indomito, più volte distrutto, ma mai piegato,  rifiorisce, incurante dei negozi accurati ed eleganti che dal vicino e algido Sablon, tentano di cambiare la faccia di questo spicchio di passato un po’ scapigliato. Non credete a chi vi dice di non andare al marchè aux puces perché ormai è solo per turisti. Non credeteci: la bella piazza è invasa da venditori di piccole, grandi anticaglie da soffitta. Si possono fare ancora affari con i vetri, le ceramiche, i tappeti, le poltrone zoppicanti che forse arredavano vecchi salotti. Ma più che comprare, qui è bello osservare la varia umanità che sembra sollevarsi da una delle pagine di Simenon. Parte da  Place du Jeu de Balle  rue Blaes, direttrice da battere al pettine fitto. In mezzo a negozi di paccottiglia, di arredi etnici, di casalinghi a buon prezzo, si trovano piccoli gioielli per il trend-designer. Mogador, rue Blaes 130, tel. 0475.954924, lascia intravedere i suoi tesori dalla vetrina: la galleria, magnificamente délabré, apre solo sabato e domenica dalle 11 alle 18. Molte lampade da scrivania e da terra di provenienza forse ministeriale o da lavoro, sedute in pelle, oggettistica anni ’50.  Past in Present, al n°127,  espone un curatissimo e perfetto design anni ’50-60: splendide le librerie assai aeree e leggere e i lampadari in legno e vetro, vero manifesto dei favolosi ’60. Alessandro Dati è un italiano che pare trovarsi magnificamente da queste parti. La sua galleria, D+, al n° 83/87,  mobili, luci e arredi del XX°secolo, Art Decò e pezzi di modernariato, è una delle più ricche, con una offerta che va dagli anni ’40 agli ’80, con particolare predilezione per i ’50-’60. Anche qui ricorrono pezzi noti come le sedute in pelle nera degli Eames,  con un punto d’eccellenza che si esprime nei lampadari e nelle lampade in vetro firmate Barovier, celebre maestro che operava a Murano negli anni ’40. Proprio a questi vetri da illuminazione è dedicata l’esposizione preparata  per il design week.-end.  Il suo racconto di questa quinta edizione della settimana del design, è chiarificatrice: nessuna esplosione del fenomeno, in Belgio il design è un interesse stabile e permanente, non sottoposto a quei flussi tipicamente italici legati alle mode del momento. Come dire, un riassunto dell’esprit locale.



Sablon: glaciale è la bellezza

Se arrivate dai vicoli ribelli di Marolles, sentirete freddo tanto l’aristocratico Sablon vi apparirà gelido al confronto. Tutto perfetto, tutto magnifico da queste parti. Livello molto alto, negozi di gran tono, altere signore eleganti mentre nelle vetrine degli antiquari compaiono severi quanto grandiosi arredi in stile impero, anfore neoclassiche, trumeau che sembrano arrivare dalla corte napoleonica. Questo è il regno dei mercanti di arte africana e primitiva che però trasportata in un palcoscenico di tale perfezione, tutto sembrano tranne che oggetti tribali. Oggi si contano almeno 40 gallerie di arte primitiva. Tra le molte, davvero inusuale è quella di Frank Van Craen , 57 rue Lebeau , che propone arte africana e giapponese: la vetrina è un sogno. Appoggiate su scarni mobili giapponesi, compaiono scure statue africane. Un accostamento all’apparenza inimmaginabile ma perfetto. All’angolo con rue Paille, si incontra forse la più sontuosa libreria Taschen del globo. I magnifici libri illustrati della maison,  fanno bella mostra su tavoli di un design abbagliante completamente ricoperti di foglia d’oro. Rue Regence è la lunga arteria che collega Place Royale e la zona  dei musei con il cuore di Sablon, la splendida Place du Grand Sablon dove regna, sublime, la nivea cattedrale di Notre Dame du Sablon. L’arteria è grande e trafficata, ma accoglie numerose gallerie. Come White Design, al n° 61/B. Si tratta di un vasto emporio di design internazionale che vende firme del settore, da House of Stockholm a Luceplan a Fatboy. Interessante è la varietà dell’offerta e gli ottimi saldi in periodo di sconti. Vincent Colet , al n° 15 , è un punto di riferimento per chi ama mobili, oggetti, illuminazione del XX° secolo. La galleria nasce nel 1994 alla scoperta del design del’900 di cui offre una ragionata e intelligente selezione. Molto belle le sedute in pelle, le lampade di provenienza industriale, le luci satinate da living. Entrate, il negozio è una vera perla che nasconde sul fondo, uno scorcio sui tetti e su di una breve corte verdeggiante. Parlare di cioccolato qui a Bruxelles può sembrare banale. Ma non se si entra nel regno di Pierre Marcolini, maitre chocolatier, in rue de Minimes, angolo Place du Grand Sablon,  Il negozio dal design rigoroso a far da palcoscenico alle praline, sembra una clinica svizzera, i cioccolatini sotto teche di vetro, gioielli di un museo e le commesse, serie signorine anni ’50. Assaggiate un macaron: quanto amerete Bruxelles…



Quando il letto è di design

Hotel Bloom! Rue Royale 250. L’edificio, un parallelepipedo scuro, onestamente non è eccezionale. Ma appena varcata la soglia non ve ne ricorderete più. Se esiste un design degli odori, la hall del Bloom! è la sua patria. Una fragranza soave vi accoglie prima del desk, vi avvolge, vi carezza e passa un messaggio onirico al vostro ipotalamo. Tutto è luminoso, chiaro , delicato e avvolgente. Le camere, ampie, almeno 30mq, hanno grandi finestre, grandi letti, arredi di design e come testata, un affresco. Ogni camera ha il suo, tutti diversi, tutti opera di giovani artisti. Un design rinfrescante, corroborante, non invasivo, quieto. Accoglienza leggera: vi si sta molto bene. Sulla destra della hall, brusco cambiamento di stile. Il designer, forse stanco di tanta perfezione minimale, ha dato fondo al suo immaginario. Questo è il regno di Smoods, locale che definire ristorante è straordinariamente limitativo.  Il living è in verità, molti spazi diversi. Chi lo ha pensato, si è divertito a creare tanti luoghi differenti nello stesso luogo. Divani barocchi, tendaggi floreali, pareti mobili di sfere di metallo, separè creati da lunghi ramages di vischio e un bel bancone dove accomodarsi a libare un cocktail. Il ristorante, con cucina a vista, prepara con mano sicura cucina europea contemporanea.

Pantone Hotel, Place Loix. Pantone, si sa, è un sistema di classificazione dei colori. A questo universo colorato si ispira l’Hotel Pantone aperto nel 2010. Una filosofia incentrata  sul colore,  il design stesso collegato ai colori. Si tratta  di  un albergo di design accolto in un edificio anni’ 60 riportato ai fasti originali, già vincitore di un premio come miglior design hotel dell’anno. Piccolo, solo 68 camere, e coloratissimo. Ogni stanza è differente per cromatismi e la filosofia del colore trova la sua massima significanza nei bagni tutti bianchissimi con carta igienica a colori shock. Divertente e gradevole, con gli spazi comuni che sembrano l’area giochi (coloratissima) di un asilo molto ordinato. Piacevole, in una zona quieta e residenziale. Splendide le piccole suites all’ottavo piano con vista eccelsa e grandi terrazze private. Almeno da vedere.




Testo Lucia Giglio    Foto Eugenio Bersani



Sfoglia il magazine Vai alla photogallery – Vai alle info utili Scarica il pdf