Quando si dice “Referendum”

Pochi giorni fa (25 novembre) gli abitanti della Confoederatio Helvetica, alias (Schweiz, Suisse, Svizzera, Svizra) nelle quattro lingue ufficiali riconosciute (tedesco, francese, italiano e romancio),

si sono espressi negativamente sul referendum denominato “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri (iniziativa per l’autodeterminazione)”. I fautori del “SI” sostenevano di voler rafforzare la democrazia, mentre quelli del “NO” temevano un indebolimento dei diritti dell’uomo. In maniera decisa il Consiglio Federale, che ha sede a Berna, aveva per tempo espresso il proprio pensiero in proposito, invitando esplicitamente i cittadini del vicino paese a non dare il loro assenso in sede referendaria; questo il loro convincimento: “l’iniziativa è un pericoloso esperimento che sarebbe meglio evitare. Ci obbliga infatti a violare importanti trattati internazionali, a rinegoziarli e a denunciarli, il che causerebbe inutili contrasti sia a livello internazionale che nazionale. Non comporta una maggiore autodeterminazione, anzi, pregiudica il modello di successo della Svizzera”. Più chiari di così! E infatti il pubblico ha deciso per il “NO”; per l’esattezza il 66% degli Svizzeri hanno sconfitto i “sovranisti”. Addirittura nelle città di confine (Ginevra e Basilea) più “europee” di altri centri, la percentuale ha raggiunto il 75%. Risicata la vittoria dei “NO” nel Canton Ticino (appena il 57%); ma i ticinesi sono quasi sempre “conservatori” (e all’occorrenza, anti-italiani) più del resto della Svizzera. La posta in gioco era di una certa rilevanza e gli elvetici hanno riposto alla grande; in nessun Cantone hanno prevalso i “SI”.

Della locuzione latina “convocatio ad referendum” (convocazione a riferire) gli elvetici sono tra i primi “utilizzatori” mondiali. La loro esperienza in proposito risale addirittura al tredicesimo secolo, quando gli uomini (donne rigorosamente escluse!) si riunivano nelle piazze dei paesini e votavano per alzata di mano su argomenti di interesse collettivo. Forti di questa tradizione, la pratica referendaria e della democrazia diretta è stata inserita nella costituzione sin dall’anno 1847. Qualunque argomento o questione può oggi essere votata pubblicamente, purché vengano raccolte centomila firme entro diciotto

mesi dalla data d’inizio della raccolta. Solo negli ultimi venti anni di vita della Confederazione si sono avuti ben centottanta referendum. Nel corso dei secoli la Svizzera è passata, con le sue consultazioni, dal livello locale a quello cantonale per approdare poi a quello federale. Senza referendum, gli svizzeri non saprebbero vivere. E di referendum di tutti i tipi è ricca la raccolta storica della vita svizzera. Uno dei più antichi (1893) vieta la macellazione naturale e le conseguenti sofferenze per gli animali. Animalisti sconfitti però lo scorso 25 novembre nel loro intento di evitare che vengano mozzate le corna ai bovini; le mucche avranno magari fiocchi in testa anziché corna! Nel 1988 si voleva votare per preservare il suolo pubblico dagli escrementi canini, ma non se ne è fatto nulla per l’insufficiente raccolta di firme.

Ecco cosa trattato in altri referendum. Alcuni originali, altri molto seri, tutti comunque indicativi del grado di partecipazione ai problemi della “società” che anima gli Svizzeri. Nel 1908 proibito l’uso dell’assenzio; nel 1985 è andata buca la proposta di riaprire le case di tolleranza, ma nel 2009 è stato deciso di non edificare minareti sul suolo svizzero e nel 2017 è entrato in vigore il divieto di dissimulare il proprio viso (veli, coperture o alterazioni di qualunque tipo). La natura, nei referendum, ha sempre avuto la sua importanza; ecco quindi che nel 1987 si proteggono le paludi, nel 1990 si dà lo stop alla costruzione di centrali nucleari e si limitano quelle delle strade (troppo cemento). Di successo alternato i referendum contro l’invadenza delle autostrade: alcuni Cantoni ne hanno impedito semplicemente il passaggio, mentre non hanno avuto successo (firme non sufficienti) le iniziative per portare a sei corsie le tratte autostradali fra Ginevra e Losanna e fra Zurigo e Berna. Nel 2008 si è votato per impedire il rumore (quindi il passaggio) dei velivoli da combattimento nei luoghi turistici. Nel 1931 è stata indetta una consultazione popolare per sancire il divieto di accettare decorazioni (!); nel 1984 per sopprimere l’ora estiva e nel 1998 per una Svizzera senza Polizia ficcanaso. Sempre attenta ad equilibrare i difficili meccanismi interni, nel 1977 la Svizzera ha limitato il numero annuale delle naturalizzazioni, nel 1984 si è espressa contro l’abuso del segreto bancario, nel 2001 ha detto “NO” all’Europa e infine (iniziativa lodevolissima) ha decretato nel 2014 di impedire ai pedofili di poter svolgere il loro lavoro a contatto con i giovani. Per ogni problema, grande o piccolo, il giusto referendum.

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com