Nel 1997, oltre venti anni fa, venne celebrato il XVI centenario della morte di questo grande personaggio della Chiesa e dell’Europa intera. La giornata europea aveva per tema “La memoria delle origini nel processo di costruzione europea” e fu il Cardinale Carlo Maria Martini a tenere il discorso introduttivo. Come uomo di chiesa e come europeista convinto, il cardinale di Milano aveva ricordato che Ambrogio poteva a buon diritto essere considerato un antesignano del movimento di unità del vecchio continente; questo per via della sua formazione culturale figlia di visioni geografiche più ampie e di esperienze di studio e di vita più complete. Nato da famiglia cristiana attorno all’anno 340 a Treviri (l’odierna città tedesca di Trier) Ambrogio diviene vescovo della città lombarda nell’anno 374 e qui muore il 4 aprile del 397. Legatissimo alla sua Milano, questo religioso ha caratterizzato il suo apostolato con notevoli aperture ecumeniche, nobilitate dalle sue eccelse doti di dignità e franchezza espositiva. Ammirato, elogiato e apprezzato quindi, anche nei lontani paesi d’Oriente, seguito e rivisitato persino da anglicani e protestanti. Anzitutto la visione complessiva di Ambrogio: in epoche lontane ma forse non molto dissimili da quelle attuali, per mezzo della propria cultura e lungimiranza, ha superato i tempi dell’Impero Romano, aprendo la società verso un interscambio di pensiero includendo i territori non soggetti a Roma. Poi l’attenzione dedicata all’introduzione di nuovi concetti cristiani che consentissero di eliminare gradualmente le sacche di povertà, ignoranza e violenza della società. Infine, l’apertura decisa verso altri popoli e altre culture; convivenza e tolleranza le parole d’ordine.
La vita terrena di Ambrogio è costellata di episodi tramandati in gran parte dall’agiografo e amico Paolino (anno 422). Ricorda ad esempio una guarigione prodigiosa eseguita su un soldato romano di nome Nicastro, che era affetto da podagra (una specie di gotta); Ambrogio mette il suo piede su quello dell’ammalato e all’istante l’infermità sparisce. A Roma guarisce il figlio di un nobile e a Firenze scaccia il demonio che si era impadronito di un ragazzino; ma il diavolo, ostinato, si impossessa nuovamente del giovane sino a farlo morire; Ambrogio sovrappone il proprio corpo a quello del piccolo e lo resuscita. La stessa morte del santo è descritta da Paolino, riportando eventi magici e meravigliosi. Ambrogio stava dettando allo stenografo la stesura definitiva del Commento al Salmo XLIII. Paolino racconta che “a un tratto una piccola fiamma a forma di scudo avvolse il capo di Ambrogio e, a poco a poco, gli entrò in bocca. Dopo di ciò la sua faccia divenne come neve; quindi il volto riprese il solito aspetto”. Paolino interpreta questo prodigio come la discesa dello Spirito Santo sul vescovo. Prima di morire, secondo la testimonianza di Bassiano da Lodi raccolta dallo stesso Paolino, Ambrogio vede venirgli incontro Gesù quindi, nelle prime ore di sabato santo, 4 aprile del 397, muore. Il defunto – ricorda l’agiografo – viene poi avvicinato da alcuni indemoniati che strofinano sul suo corpo fazzoletti e cinture al fine di carpirne la santità e guarire dai mali dell’anima.
A Milano non sono pochi i luoghi che ricordano il santo. La chiesetta di San Vittorello (un tempo dalle parti di Via Paolo da Cannobio) testimoniava la fuga tentata da Ambrogio al momento della sua elezione. Il secondo tentativo di fuggire lo vede a dorso di mula sulla strada per Abbiategrasso, fuga interrotta dallo stesso animale che, dalle parti di Corbetta, si rifiuta di proseguire consentendo ai fedeli di ricondurre Ambrogio a Milano. Qui risiederà nella villa del cavaliere Leonzio, buon amico del religioso, che verrà da Ambrogio mutata in romitaggio: luogo di lettura, meditazione, preghiera, circondato dal nemus (bosco). L’attuale chiesa di Sant’Ambrogio ad Nemus ricorda l’antico insediamento. Altro luogo identificato con Sant’Ambrogio è la chiesa oggi sconsacrata di San Carpoforo, sorta sulle rovine del tempio di Vesta. Nei pressi della basilica di San Lorenzo sorgeva infine nel medioevo un ospedale per lebbrosi, luogo di un ennesimo miracolo di guarigione del santo. Era scritto che Ambrogio, malgrado i ripetuti tentativi di fuga per una vita solitaria e contemplativa, finisse per rimanere coinvolto nei destini della città della quale è stato Vescovo amato e venerato.
del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com