
Napoli in queste settimane non è solo la città del terzo scudetto del campionato di calcio ma è anche la meta di tanti turisti che vogliono viverla condividendo con i napoletani la festa per la vittoria. Ecco il racconto di cosa succede in città.
Testo e foto di Vittorio Sciosia|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
Napoli, si sa, è la capitale mondiale della scaramanzia. La filmografia, da Totò a Eduardo, passando per Peppino, genio sottovalutato del terzetto, per arrivare a Massimo Troisi, è piena di pellicole incentrate su questo particolare aspetto dei napoletani. È la vita quotidiana stessa di Napoli che si “regge” sulla scaramanzia.

La scaramanzia
Basta fare un giro per il centro storico, i Decumani o la ancor più famosa San Gregorio Armeno, la stradina dei presepi, per rendersi conto di quanti cornetti, gobbetti, corna e mattonelle che recano stampate le scritte da “sciò sciò ciucciuè” a tutte le più colorite espressioni scaccia malocchio, si mescolino alle famose statuine presepiali. Insomma, non è un segreto che il napoletano se vede un gatto nero passargli davanti cambia strada e di sicuro non passa sotto una scala appoggiata al muro.

Ora, si può ragionevolmente pensare che i napoletani credano davvero a queste superstizioni al giorno d’oggi? Si, anche se non del tutto. Molto lo si fa perché si è sempre fatto così, sono abitudini consolidate e tramandate. Il titolo di una commedia di Peppino De Filippo, poi entrato come modo di dire nell’uso comune, chiarisce bene il concetto: “Non è vero ma ci credo”. Non è così, ma nel dubbio io mi metto al sicuro.
In una città nella quale la scaramanzia è così intrecciata alla vita quotidiana, così come anche la superstizione, c’è stata un’eclatante eccezione proprio in questi mesi recenti, eccezione sotto gli occhi di tutti, napoletani e non. Il Napoli calcio stava facendo un campionato spettacolare tanto da lasciarsi molto dietro, già a gennaio, i principali avversari, quelli che storicamente si alternano nelle vittorie del campionato, quando i napoletani, ben prima della certezza matematica della vittoria dello scudetto, hanno cominciato ad addobbare la città a festa con i colori della squadra.
Lo scudetto

L’azzurro su tutto. Prima timidamente, poi, ad ogni partita vittoriosa, sempre più sfrontatamente, la città si è presto ricoperta di azzurro e di tricolori con sopra il numero 3. Il terzo scudetto dopo i due, indimenticabili, dell’era Maradona nel 1987, il primo, seguito dal secondo nel 1990, ben 33 anni fa.
Ma allora c’era il “dio del calcio” a trascinare la squadra. Ecco, sfidando qualsiasi superstizione che addirittura “impediva” di pronunciare la parola tabù, quello “scudetto” così tanto agognato da diventare una chimera irraggiungibile per paura che il solo nominarlo lo facesse sparire, i napoletani hanno deciso che la festa doveva cominciare anche senza pronunciare “quella parola”.

L’impresa compiuta non è ascrivibile ad un solo uomo ma a tutta la squadra, partendo dall’allenatore, passando per i massaggiatori e i magazzinieri per finire ai giocatori, anche l’ultimo della rosa, quello mai sceso in campo. Insomma, un’opera corale, frutto di una organizzazione perfetta che prima d’ora sembrava appannaggio solo di squadre più “dotate” di mezzi e denaro come le compagini del Nord.
Napoli, con i suoi abitanti, è sempre stata la capitale della fantasia e dell’ingegno, spesso confluiti in una furbizia spicciola. Quello che non è mai stata, nella realtà come nell’immaginario collettivo, è essere una città organizzata. Del resto è proprio questo senso di disordine e libertà, questa aria mediorientale, il suo grande fascino ed il motivo per cui tantissime persone vengono ad annusare questa “aria esotica”.
Eduardo Scarfoglio, fondatore insieme alla moglie, Matilde Serao de Il Mattino, il principale quotidiano del Sud Italia, disse che Napoli era l’unica città mediorientale senza un quartiere europeo. E questo è vero ancora oggi.

Il tifo, un sentimento fortissimo
Ecco, il Napoli, il suo presidente, il suo allenatore e tutti i giocatori, hanno smentito questo assioma, “napoletano uguale fantasia in mezzo al caos” mettendo in piedi una squadra dove tutto ha girato come un orologio svizzero, senza ritardi né protagonismi.
Per il napoletano il tifo è una vera malattia e quasi sempre è genetica, nel senso che viene trasmessa da padre in figlio come da nonno a nipote. Tanto è vero che i commenti più comuni che si sono potuti sentire in giro, quando era ormai certa la vittoria finale, erano riferiti proprio al dispiacere di non avere accanto chi quella malattia l’aveva trasmessa, il padre, il nonno, lo zio.
Come nella vita normale il popolo napoletano non conosce mezze misure, anche nel tifo vive di amore incondizionato. È un sentimento che racchiude molteplici aspetti, dal senso di rivincita verso il Nord ad una più generale rabbia verso chiunque critichi Napoli per le sue oggettive defaillance. Di cui, peraltro, tutti i napoletani sono ben consapevoli. Ma di queste criticità si può lamentare solo il napoletano. Lo straniero assolutamente no.

La festa
In tutta la città, dunque, da gennaio in poi, è stato un crescendo di decori, murales, scale e muri dipinti di azzurro, migliaia di festoni azzurri. Fino all’atto conclusivo, quella partita contro la Salernitana, domenica 30 di aprile a Napoli, che con una vittoria avrebbe cucito matematicamente lo scudetto sulle maglie azzurre. La città era pronta a fare festa, era il giorno perfetto, tutti in giro, meteo accondiscendente, match subito dopo pranzo e piano di ordine pubblico attivato.
La ciliegina su una torta pronta per essere mangiata, Napoli era pronta ad esplodere. Ed in effetti al gol del vantaggio di Olivera, a mezz’ora dalla fine, dai quartieri Spagnoli alla Sanità, dal Vomero a Posillipo, sembrava di essere tornati a Capodanno.
Chi scrive era nel cuore dei Quartieri Spagnoli, in quel Largo Maradona con altre centinaia di persone che erano impazzite. Grida, fuochi d’artificio, fumogeni, trombe. Era l’antipasto delle celebrazioni che sarebbero durate almeno tutta la notte. Ma a 6 minuti dal fischio finale il destino ci ha messo lo zampino.

O forse lo zampino era quello di Dia, giocatore senegalese della Salernitana che mette dentro il pallone del pareggio. E con il pareggio addio alla certezza matematica della vittoria scudetto. Niente di male, Il Napoli ha poi vinto lo scudetto al turno successivo, lontano dal Maradona, a Udine. Ma quel 30 aprile era “il giorno” perfetto per la festa perfetta. Oggi, però, ad ogni incontro, fino a termine campionato, Napoli celebra il “suo” scudetto dopo una lunghissima attesa.
La città nel frattempo è meta continua di turisti che approfittano della eccezionalità del periodo per entrare in questo teatro a cielo aperto. Tantissimi argentini, inconfondibili con mate e bombilla, girano per i quartieri in quello che fu il regno del loro più illustre concittadino. E in quanto argentini sono accolti dai napoletani come fratelli di sangue. Que viva Napoli!

Informazioni utili:
Come arrivare: treni e bus collegano Napoli alle altre città italiane e piccoli paesi. In alta velocità servono circa 1 ora e 10 per la tratta Napoli-Roma (e viceversa), poco più di 4 per Napoli-Milano (e viceversa) e circa 5 per Napoli-Venezia (e viceversa). L’aeroporto internazionale di Capodichino si trova nell’area settentrionale della città: per raggiungerlo si può utilizzare l’Alibus.
Dove dormire: Relais Piazza Vittoria, Via Arcoleo 37
A pochi passi dal lungomare sorge al secondo piano di un elegante palazzo dell’Ottocento. La struttura dispone di 7 camere da letto e numerosi comfort.
B&B Napoli Centro Storico, Via dei Tribunali 169/C
La struttura è situata nel centro di Napoli, a circa 700 metri dal Museo Cappella Sansevero e a 400 da San Gregorio Armeno.
Dove mangiare: sono tantissimi i luoghi dove mangiare. Così come sono tante le possibilità di assaporare lo street food.
Sul lungomare:
Terrazza Calabritto, piazza Vittoria 1
Elegante ristorante situato sul lungomare. Da provare i piatti di pesce.
Antica Trattoria da Carmine, Via dei Tribunali 330
Situato nel centro storico di Napoli, il locale offre specialità partenopee.
Shopping: Numerosi anche i luoghi dove fare acquisti. Via Toledo è la via dello shopping: qui sono presenti tantissimi negozi. Per comprare pastori e presepi si deve andare a San Gregorio Armeno.
Locali: Malocchio Cocktail Bar, Vico della Quercia 26
Nel centro storico di Napoli, il locale è un curioso concept bar caratterizzato da elementi legati alla scaramanzia. Propone una ampia offerta di degustazione.
Testo e foto di Vittorio Sciosia|Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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