Quando è una pizza speciale a indicare la strada giusta per un viaggio… Benvenuti a Caiazzo, vicino a Caserta, dove Franco Pepe ogni santo giorno a forza di braccia prepara l’impasto per una pizza straordinaria. E’ solo l’inizio del viaggio.
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Dici pizza e pensi a Napoli. Giustamente. E in città vai alla ricerca della pizza più buona. Quale sarà? Difficile, veramente difficile dirlo, perché ogni pizzaiolo ha i suoi segreti e anche perché la pizza è una dimensione che va molto oltre al piatto. L’atmosfera, i gesti, i profumi, le voci che creano una pizzeria contribuiscono a fare la dimensione pizza. Ecco il vero motivo per cui una vera pizza si può mangiare solo a Napoli. Ma l’eccezione che conferma la regola ci porta fuori dalla città. Non molti chilometri per la verità, basta arrivare nei pressi di Caserta, per la precisione a Caiazzo sulle ultime colline accarezzate dal fiume Volturno poco prima che raggiunga il mare.
Caiazzo è un indirizzo sicuro. Nel borgo vive e lavora Franco Pepe, pizzaiuolo ma soprattutto testimone di un modo d’interpretare la pizza che, in poche parole, sintetizza i dettami tradizionali con una sensibilità che non conosce appartenenze né dogmi. La sensibilità di Franco Pepe significa principalmente due cose: l’impasto avviene quotidianamente a mano (Franco non sa neanche come funziona un’impastatrice), la scelta delle materie prime è legata al territorio e alle persone che fanno parte della vita del pizzaiolo. Proprio per questo secondo motivo la pizza di cui stiamo parlando racconta in modo diretto ed efficace il territorio attraverso i prodotti e le persone. E così ecco che la pizza di Franco diventa il motivo ispiratore di un viaggio e anche la guida su strade e località ignorate dai grandi flussi turistici ma incredibilmente ricche e tutte da scoprire. Nel tempo la storia comincia intorno agli anni ‘30 quando nonno Ciccio, capostipite dei Pepe pizzaioli, fattore di un’azienda agricola, veniva pagato in grani anziché in denaro. Da qui l’esigenza e la trovata di trasformare in denaro il contributo in materia. Dal grano alla farina e dalla farina alla panificazione e poi a una semplice osteria il passo fu breve. Ma è stato Stefano, il padre di Franco, a trasformare l’osteria di famiglia in pizzeria. Il resto è storia recente che appartiene a Franco e ai suoi fratelli. Per tutti e tre la laurea è rimasta un pezzo di carta; e per nostra fortuna hanno dedicato la loro vita alla pizza.
Nello spazio il viaggio parte dai tavoli della pizzeria e insegue strade secondarie verso borghi e frazioni, cantine, caseifici e frantoi. La Mastunicola ad esempio, pizza storica, più antica del pomodoro fatta con lardo, pepe, basilico e arricchita con il Conciato romano è un monumento alla preziosa semplicità che costituisce l’anima della pizza. Cosa è il Conciato romano? Un formaggio pecorino antichissimo che era quasi “estinto” e grazie alla famiglia Lombardi è stato riscoperto e deve il suo nome ad un processo di “conciatura” già noto ai Romani che avviene dentro anfore di terracotta insieme a olio, aceto, vino e timo selvatico. Le Campestre, la fattoria della famiglia Lombardi è anche un agriturismo che offre l’opportunità di vivere pienamente questo territorio.
Tornando da Castel di Sasso vale la pena fermarsi al frantoio Barbieri per provare l’essenza di un olio extravergine d’oliva di altissima qualità. Il viaggio prosegue a Castel Campagnano dove Manuela Piancastelli e Peppe Mancini nelle loro Terre del Principe producono i vini storici di questa terra: Pallagrello Bianco, Pallagrello Nero e Casavecchia. All’origine dei loro vini e della loro scelta di vita c’è una bella storia d’amore e il desiderio di vivere a contatto con la natura: nei pressi dei vigneti si trova il loro Bed & wine, vale a dire una casa dove oltre a un santo riposo e una buona colazione, viene offerto un ottimo vino. La cantina scavata a 15 metri di profondità circa 1100 anni fa è un monumento al vino e alla bella storia di questi due principi vinificatori, romantici e intelligenti. E se insieme alla pizza preferite una bionda o ambrata con schiuma e bollicine non resta che allungarsi alla vicina Alvignano dove Mario Cipriano, artigiano della birra, trasforma questo angolo campano in un angolo di Belgio, patria di birrifici e mastri birrai: la sua birra racconta il territorio e tra tutte segnaliamo una particolare etichetta, la Centesimale fatta con mosto cotto di Pallagrello e mele annurche.
Se nel vostro piatto c’è lo straordinario calzone con scarole, olive, capperi e acciughe di Cetara dovrete sapere che le olive vengono dagli alberi di Selvanova, azienda agricola e agriturismo dove la materia prima del territorio viene trasformata in olio extravergine, vino, grappa, marmellate e straordinarie olive “conciate”. Se invece state per sprofondare nella soffice, profumata morbidezza di una splendida Margherita Franco non mancherà di ricordarvi che mozzarella o fiordilatte sono prodotti nel caseificio di Alvignano. Qui tutto avviene sotto la supervisione di Mimmo La Vecchia, deus ex machina del caseificio Il Casolare dove quotidianamente si produce oro bianco: mozzarella e fior di latte e una straordinaria ricottina di bufala.
Così va la vita a Caiazzo. Rinascimento e barocco disegnano nobili facciate di palazzi mentre le mura megalitiche sono il link diretto all’antica Caiatia che trasporta l’immaginazione a 2600 anni fa. I fasti della Reggia di Caserta e le corti Borboniche della capitale del regno delle Due Sicilie sono a due passi ma su queste colline il profumo di una pizza indica la strada per un viaggio tanto insolito quanto divertente alla scoperta di un territorio dai sapori forti e autentici. E soprattutto porta a conoscere persone che aprono le porte di questo piccolo grande mondo con un profondo senso di ospitalità.
Testo e foto di Enrico Caracciolo
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