L’arte dei ‘Cori Lignei’

coro ligneso cattedrale di Alba

Primi giorni di dicembre. Tira ‘aria’ di Natale, percepibile dai freddi più intensi, dall’aumento del traffico e dalle ‘scorrerie’ per lo shopping, malgrado si rimanga un po’ bloccati e timorosi per l’effetto Bataclàn. Ma una via d’uscita c’è, per riappropriarsi della propria libertà di movimento, dando nel contempo una boccata d’ossigeno alla personale spiritualità; è sufficiente organizzare alcune visite – a Milano o in altri centri minori – a seconda del tempo di cui si dispone e con i mezzi che si preferiscono, scegliendo un ‘tema’ interessante: i cori lignei di chiese famose. La chiesa come ambiente silenzioso e raccolto, l’arte dell’intaglio e dell’incastro come lavoro sconosciuto ai più, ma che vanta mirabili e bellissime realizzazioni nel corso dei secoli. La presenza nei luoghi di culto di oggetti e suppellettili in legno, ha inizio qualche tempo dopo che ai cristiani era stato concesso di costruire liberamente chiese e basiliche.

I carpentieri, gli intagliatori, che in molti casi raggiungeranno livelli di eccelsa bravura, esercitano il loro lavoro sotto la protezione del faber per eccellenza: Giuseppe di Nazareth. Per motivi facilmente comprensibili, sono pochissime le opere lignee dei primi periodi giunte sino a noi: qualche reliquia con la storia di Davide, proveniente dalle porte fatte costruire da Ambrogio per la basilica dei Martiri e l’altra porta, di poco posteriore, della basilica romana di Santa Sabina.

Nel presbiterio di cattedrali e basiliche famose, la cattedra episcopale e i seggi dei chierici, ordinati a costituire la Schola Cantorum, erano in pietra. È al contrario più verosimile che fossero in legno i mobili per la custodia dei libri sacri, dei paramenti, dei vasi liturgici. Nel 1387 ha inizio la costruzione del Duomo di Milano. Due anni prima i lavoratori del legno sono già raccolti in associazione per l’erigenda cattedrale e nel 1459 compilano i loro Statuti, approvati il 22 novembre dello stesso anno dal duca Francesco Sforza. I lignamari aumentano di numero anno dopo anno e con essi cresce di pari passo il bisogno di tutelare gli interessi dei magistri e dei garzoni, garantendo nel contempo per mezzo degli statuti l’etica della professione, l’onestà verso i colleghi e nei confronti della religione che professano. Sono trenta i capitoli che compongono gli statuti. Accanto al primo, che impone a ‘tutti li Magistri di ligname de la Citade, Borghi e Corpi Sancti de Milano’ di provenire dalla Scuola della Cappella di San Giuseppe per i lavori previsti ‘nela giesia mazore de Milano’, ce n’è un altro che stabilisce che detta scuola abbia un libro ‘suso il quale debia cognome tutti quilli magistri de la citate’. Si occupano di tutto, gli statuti, persino di fissare quale sia il numero di lavoranti concesso: ‘chel non sia lecito ni possa alcun magistro de la dicta arte tenire altro che duiy lavoranti’; in caso contrario, si incorre nella pena pecuniaria ‘de libre venticinque’; la tassa o quota associativa è di dieci soldi imperiali, ridotta a cinque per chi è provvisto di bottega. Nel 1774 la corporazione dei lignamari viene soppressa.

 Una panoramica essenziale di opere degne di essere viste – vere e proprie meraviglie lignee – può prendere avvio dal Coro di Sant’Ambrogio, commissionato nel 1469 ai maestri Lorenzo di Odriscio, Giacomo de’ Torri e Giacomo del Maino, andato pressoché distrutto sotto i bombardamenti dell’ultima guerra, ma visibile nei disegni e nelle foto che ne documentano la bellezza; oppure in quello di San Francesco a Pavia, nel quale vengono illustrati paesaggi con piante e fiori. Fra gli altri cori da ricordare, quello splendido della Certosa di Pavia (1487-1490) vero trionfo dell’intarsio; il coro del Duomo di Cremona (1482-1490) con vedute campestri, chiese, animali, castelli, palazzi, figure di santi.

Mentre Lorenzo Lotto disegna le tarsie di Santa Maria Maggiore a Bergamo (1522-1555), Girolamo da Abbiategrasso esegue il coro dell’Abbazia di Morimondo. Fra le opere cittadine, splendido il coro di Santa Maria delle Grazie (1470) oltre a quelli di Santa Maria della Scala, ora in San Fedele (1560).

Un cenno doveroso (e un invito alla visita) non può mancare per il magnifico coro del Duomo di Milano, costruito negli anni dal 1567 al 1614, nel quale un gran numero di pannelli narrano la vita di Sant’Ambrogio e altrettanti ricordano i santi le cui reliquie sono venerate in città. Il trionfo dei ‘cori’ si ha fra il Rinascimento e il Barocco, descritto da Luca Beltrami come il ‘periodo più fiorente dell’arte dell’intaglio’. L’arte impiegata escludeva infatti ogni altro intervento di dorature o policromie, che avrebbero solo disturbato l’imponenza dell’opera.

del ‘Columnist’ Federico Formignani | Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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