Boca, in Piemonte un Santuario tra i vigneti

La chiamano la ‘Strada Torchia’. Corre, in continui saliscendi e curve, fra Grignasco e Boca, nel novarese. È una strada secondaria ma bella come poche. Si snoda attraverso una vegetazione intensa e pochissime case bordano l’asfalto mentre altre si trovano all’interno, sui dossi. Il territorio è da sempre un inno al vino; le uve scure che punteggiano i molti vigneti – un tempo più diffusi di quanto lo siano oggi – daranno vita al vino che porta il nome del paese: Boca. È la seconda ‘celebrità’ della zona, perché la prima è senza dubbio il grandioso Santuario del Crocifisso che, per chi viene da Grignasco, si staglia nel cielo azzurro pochi chilometri prima del paese. Diciamolo onestamente: definire il Santuario di Boca ‘bello’ è forse un po’ eccessivo. Dato per scontato il vecchio adagio che recita ‘non è bello ciò che è bello…’ con quel che segue, va detto che il chiesone ‘piace’ agli abitanti della zona, ai molti fedeli che arrivano anche da lontano per visitarlo e per pregare. Sostenere comunque che questa imponente costruzione racchiuda le caratteristiche architettoniche di leggerezza che moltissimi edifici religiosi in Italia vantano, è un po’ azzardato. Il Santuario di Boca ha comunque una ‘presenza’ fisica che risalta e incute pure una certa soggezione, al primo impatto. Anche l’interno, così maestoso, essenziale, non favorisce il raccoglimento interiore di chi viene per pregare. Se una metafora è concessa, ecco, è indispensabile che il fedele si costruisca una propria nicchia nell’anima per riuscire a creare un angolo d’intimità spirituale che la vastità dell’ambiente non favorisce.

I fedeli che frequentano il Santuario di Boca sono sicuri della protezione divina che questo potrà elargire. La chiesa è infatti ‘anche’ un piccolo museo che ospita una infinita varietà di Ex-Voto (quadri commissionati, lettere, oggetti, immaginette sante ecc.) lasciati per le grazie ricevute nel corso degli anni. Non si tratta di un edificio religioso molto antico. L’atto di nascita risale all’anno 1768 ed è collegato a un uomo di fede e abile disegnatore: don Giandomenico Magistrino, nativo di Maggiora. Il capomastro di Boca, Pietro Origone, ci mette solo cinque anni a costruire la chiesa, abbellita dall’apporto artistico dei migliori artisti della zona; l’inaugurazione ufficiale, tra fuochi d’artificio e spari di mortaretti, avviene nei primi giorni di maggio del 1773; non manca una speciale indulgenza di Papa Clemente XIV. Nel 1821 avviene il cambiamento radicale, grazie all’interessamento e ai conseguenti progetti di Alessandro Antonelli, nativo di Ghemme ma residente a Maggiora, a un tiro di schioppo da Boca. Tra gli anni Venti e Trenta l’architetto della Mole Antonelliana di Torino, della cupola della Basilica di San Gaudenzio e del Duomo di Novara, della sontuosa Villa Caccia di Romagnano Sesia, concentra i propri sforzi sul Santuario ampliandolo, alzandolo (51 metri e mezzo dal suolo la navata centrale!) e progettando un campanile di ben 119 metri che, ad ogni modo, non verrà realizzato per mancanza di fondi. Comunque, nell’insieme, un edificio spropositatamente grande in rapporto al luogo in cui viene edificato. Il 16 ottobre del 1888 Alessandro Antonelli muore a Torino e il figlio Costanzo decide di ultimare il progetto primitivo; malauguratamente nel 1907 l’edificio religioso crolla, per fortuna senza causare vittime, il che fa gridare all’ennesimo ‘miracolo’. Si parla di ricostruzione (che avverrà dal 1914 al 1918) ma si accetta anche di ridimensionare il grandioso progetto iniziale del giovane Antonelli. Avvicinarsi al Santuario, sia che si provenga da Boca o da Grignasco, è comunque un’emozione, perché l’altissima chiesa sovrasta le colline, sbuca dagli alberi e svetta verso il cielo.

Nel Santuario di Boca vi sono molte cappelle, dipinti, statue; lo spazio non manca e una sezione è occupata dalla raccolta dei famosi Ex-Voto. Interessante anche il porticato che, nel lato est, presenta le volte edificate con mattoni in costa. L’originalità dei disegni, differenti per ogni singola volta, è dovuta alla fantasia dei muratori che hanno lavorato nel tempio. Osservare il Santuario dall’enorme spiazzo antistante l’ingresso, può far capire come molti fedeli – nel corso degli anni – siano rimasti colpiti dalla maestosità e dalla carica spirituale che il ‘Crocifisso’ sprigiona. Le funzioni domenicali lo testimoniano. La gente arriva da ogni dove e i grandi spazi dell’interno trovano alla fine una ragione concreta per la loro esistenza.

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

 

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