Odorico da Pordenone nella Cina del Gran Khan

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“…ora è da sapersi che mentre navigavo verso Oriente, giunsi dopo molte giornate, a quella nobile provincia di Mansi, che noi diciamo India Superiore. Di questa India io chiesi notizia a cristiani, saraceni e a tutti gli ufficiali del Gran Cane, i quali ad una voce dicono che codesta provincia di Mansi ha almeno duemila grandi città e sono così grandi, che né Treviso né Vicenza sarebbero da porsi in paragone ad esse”. Frate Odorico da Pordenone è alla fine arrivato come missionario nella terra cui i suoi superiori l’avevano destinato “…per fare guadagno di anime fra gli infedeli”; quella Cina lontanissima e misteriosa che prima di lui aveva conosciuto Marco Polo, celeberrimo mercante e ambasciatore della Repubblica di Venezia.

Un lungo cammino verso Oriente

Curioso il destino letterario di questo religioso, proclamato Beato, vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo. Molti sono stati gli studi pubblicati che hanno tratto spunto da ciò che il frate ha dettato al confratello Guglielmo da Solagna l’anno prima della sua morte.

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L’Arca del beato Odorico

Nato probabilmente nel 1265, Odorico era un predestinato: voti religiosi a 15 anni d’età, sacerdote a 25; al compimento del trentesimo anno parte missionario per il Medio Oriente. Tra gli anni 1314 e 1318, sotto il papato di Giovanni XXII, ha inizio il suo lungo viaggio verso Oriente dal quale farà ritorno nel 1330, giusto in tempo per dare testimonianza (preziosa e davvero interessante) delle sue esperienze, dato che il 14 gennaio del 1331 muore a Udine, all’età di 65 anni.

Nel volume curato da Giorgio Pullè sul viaggio del religioso, pubblicato nel 1931, è di grande interesse la parte iniziale del percorso: da Venezia sino al paese di Ciampa (Indocina); ancor più la meta finale (la Cina), con gli appunti sulle diversità di vita incontrate e descritte.

Il viaggio ha dunque inizio da Venezia a Costantinopoli via nave; dal rione Pera di questa città, nuovo imbarco con destinazione Trebisonda, percorrendo il Mar Nero. Da questa città in poi aumentano le note che riguardano i luoghi visti, le attività svolte, i traffici delle merci e gli spostamenti delle persone. Attraverso Erzerum, l’Armenia e la persiana Tabriz, Odorico ricorda anche i nomi di altre città attraversate: Sultaniè, Cassan, Yezd, Conio (dalle parti di Persepoli) e Ormuz, sul golfo persico.

Da qui, continua via mare raggiungendo diversi porti dell’India per poi superarne il punto estremo a sud arrivando a Ceylon. Con l’attraversamento dell’Oceano Indiano, tocca le isole Andamane, Nicobare, la Malesia e raggiunge Giava, il Borneo, risalendo verso la penisola indocinese (regno di Ciampa), per approdare finalmente in Cina, dove svolgerà la sua opera missionaria.

Nella Cina meridionale

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All’epoca di Odorico quest’area corrispondeva al Catai o paese di Mansi. Infatti il frate parla della prima città che visita e la chiama Cescala, ossia la Sin-kilan degli arabi, vale a dire Canton. Le impressioni ricavate dal monaco e in seguito dettate al confratello al suo ritorno, non hanno in genere un ordine logico; spesso le mischia confondendo luoghi e permanenze; altre volte sono visioni che estrae della memoria e le racconta, così come il ricordo gli suggerisce.

Però sono notizie importanti per conoscere i modi di vita del tempo; in buona sostanza è più accurato dello stesso Marco Polo. Odorico è il primo missionario che racconta dei piedi rimpiccioliti ad arte – mediante fasciature strette e progressive – alle estremità inferiori delle donne cinesi, per conservarli piccoli e aggraziati.

Racconta delle unghie delle mani smodatamente lunghe delle persone di nobile lignaggio, di persone quindi non dedite a lavori manuali; scopre che i cinesi pescano con l’aiuto degli uccelli (cormorani), addestrati a tuffarsi e afferrare le prede in acqua; sempre parlando di animali, non può fare a meno di notare che in Cina esistono galli, galline e anitre diversi da quelli conosciuti in Italia.

Fornisce infine particolari molto interessanti sui cerimoniali in uso presso la corte imperiale. La Canton del tempo, viene descritta così: “…Cescala è grande almeno tre volte più di Venezia, distando dal mare una giornata di viaggio; questa città possiede tanto naviglio e così grande che ad altri sembrerebbe incredibile. Ivi sono anche i maggiori serpenti che abitino il mondo e gli abitanti ne catturano molti, che poi mangiano dolcemente”.

Risalendo la Cina, fino all’immensa Camsay

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Nel suo viaggio ad arco verso nord, Odorico raggiunge Zaiton, città del Fu-kien, conosciuta dagli arabi col nome di Zaitun, visitata anche dal viaggiatore tangerino Ibn Battuta. Lo colpisce la grande quantità di monasteri presenti in quest’area, abitati da oltre tremila monaci che adorano oltre undicimila idoli!

La località principale di questa zona è con tutta probabilità l’odierna Hong Kong, oppure la non molto distante Amoy, entrambe sul mare. Un’altra città visitata dal frate è quella che lui chiama Fuco (l’odierna Fu-ciu); anch’essa città marinara che possiede i galli più grandi del mondo; ma ancor più è attratto dalla vista di particolari galline “… che sono bianche come la neve e non hanno penne, ma soltanto lana come le pecore”.

Immenso paese e impresa non da poco, muoversi nella Cina dell’epoca, ma Odorico è determinato nelle sue azioni e proseguendo verso nord raggiunge la grande città di Camsay (oggi Hang-zhou) a suo tempo visitata anche da Marco Polo e ricordata col nome di Quinsay.

Città grandissima, residenza della corte imperiale, abitata forse da oltre due milioni di persone. Qui Odorico incontra gente di tutte le razze e religioni che vivono in apparente buon accordo, nella stessa capitale e negli immensi borghi che la circondano tutta.

Curioso per natura e consapevole del suo ruolo di missionario, visita diversi monasteri della zona e assiste (incredulo) a cerimonie religiose nel corso delle quali dagli officianti vengono dati avanzi di cibo a numerosi e differenti animali,considerati nobili perché incarnano gli spiriti di uomini defunti, parimenti nobili; particolare questo che non convince il frate italiano.

Alla fine, affascinato da quanto ha visto a Camsay, così la descrive: “…se alcuno volesse dire e narrare la grandezza di codesta città e le grandi e meravigliose cose che sono in essa, non basterebbe a contenerle un buon quaderno di bottega. Poiché è codesta terra la migliore e maggiore e più nobile per mercature che vi sia al mondo”.

Da Chilefo a Taido, nella Sala Imperiale

Nel suo girovagare attraverso il grande paese asiatico, Odorico raggiunge Chilefo, grande città che possiede mura che la circondano tutta per circa 40 miglia di lunghezza.

Chilefo è anche città ricca di acque e quindi di ponti; Odorico ne conta ben 360; citazione verosimile per quei tempi, perché la città corrisponde all’odierna Nanchino, situata sul fiume Talay, nome mongolo che indica il mare, ma che nel caso di Chilefo si riferisce al grande fiume Yang-tse-kiang“…il più grande fiume che vi sia al mondo, poiché nel punto più stretto è largo almeno sette miglia”.

Il fiume Talay, ricorda il religioso, passa attraverso la terra dei pigmei che vivono di preferenza nella città di Tocara. Questi piccoli individui sono particolarmente abili nei lavorare la gotomina (bambagia). Di questi piccoli abitanti, ricorda che sono “…ben formati e a seconda della loro grandezza; e i maschi sposano al quinto anno. E codesti pigmei hanno un’anima ragionante come noi”.

Il viaggio di Odorico volge al termine. Arriva nella città di Iamsai, nella quale Marco Polo è stato governatore per tre anni quando si chiamava Yangui, e qui incontra i confratelli Frati Minori e i fedeli di tre chiese dei Nestoriani. A dieci miglia da Iamsai, passa per la città di Mensu che possiede grandi navi bianche come la neve, tutte dipinte di gesso!

Proseguendo, raggiunge la meta finale del suo viaggio in Cina: Cambalech (Khan Baliq, città del Khan), l’odierna Pechino. A un miglio di distanza da Cambalech, c’è la città di Taido, dove ha la propria sede il Gran Khan. Odorico descrive le molte meraviglie che trova a corte, ma un episodio lo attrae più di altri: il suo incontro a palazzo con il Gran Cane: “…quando l’Imperatore siede sovra il suo soglio imperiale, dal lato sinistro siede la Regina e, ad un grado inferiore, siedono le due fra le mogli ch’egli ha. Nel posto più basso sta poi tutto il rimanente della parentela del signore”. Chissà se avrà proposto al sovrano di convertirsi!

Libertas Dicendi n°336 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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