Lord Byron nella verde Umbria

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Umbria, una regione molto amata da Lord Byron,

Grande scrittore e poeta inglese, di bell’aspetto e di innata signorilità e cultura, George Gordon Noel, sesto barone di Byron, era nato a Londra il 22 gennaio 1788 ed è morto troppo giovane di febbri reumatiche, a soli trentasei anni d’età, il 19 aprile del 1824 a Missolungi, in Grecia, dopo aver abbracciato l’ultima delle sue molte cause perse: combattere i turchi ottomani per aiutare i greci a liberarsene.

Quello che è certo è che Lord Byron non ha avuto una vita facile, in tutti i sensi; è però fuori di dubbio che l’abbia vissuta come voleva lui.

Sul filo del rasoio tra famiglia, amori e società

(c) Newstead Abbey; Supplied by The Public Catalogue Foundation

Prima infanzia trascorsa ad Aberdeen, in Scozia, con la madre Catherine Gordon of Gight, in gravi ristrettezze economiche e preda dei suoi continui strapazzi, forse dovuti alle colpe del padre John che aveva gravato la famiglia di una mole impressionante di debiti, sino al punto di esser costretto a fuggire in Francia, dove pare sia morto suicida nel 1791.

Il giovane Byron nel 1798, alla morte di un suo pro-zio, eredita il titolo nobiliare divenendo sesto barone Byron di Rochdale e quindi Lord, con relativi beni e lasciti che gli daranno modo di ricevere un’adeguata educazione ed istruzione. Abbandona per conseguenza la Scozia per stabilirsi nell’abbazia di Newstead, centro Inghilterra: una struttura fatiscente che eredita assieme ad altre vaste tenute, insieme ai tantissimi debiti contratti dal (tutto sommato) provvidenziale pro-zio.

Nel 1801 frequenta la famosa Harrow School; qui si distingue nel bene e nel meno bene: legge di tutto e in continuazione ma si rivela un allievo bellicoso, audace e incapace di sottostare alle severe regole dell’istituto. Precoce in tutto, nel 1803 (quindicenne) vive il suo primo amore con la lontana cugina Mary Ann Chaworth, conosciuta nell’estate di due anni prima; sarà un amore che lascerà tracce indelebili e ricorrenti in entrambi.

Nel 1805 frequenta il Trinity College di Cambridge e si innamora di un giovane compagno di studi. Scrive le prime poesie (anonime) molte delle quali di carattere licenzioso, contenenti vocaboli – per così dire – non contemplati dalla morale del tempo.

Successi letterari e fuga in Francia

Le prime opere e le molte poesie pubblicate danno in breve grande notorietà a Lord Byron. Malgrado assuma atteggiamenti distaccati e quasi sprezzanti verso molti, piace per lo stile sobrio e ricercato nel vestire; un perfetto dandy, dunque e, agli occhi femminili, una affascinante bel tenebroso.

Viene ammesso nel mondo inglese che conta ma si dà un po’ troppo alla pazza gioia, tra avventure e legami di ogni genere; nel 1810 intrattiene una relazione amorosa con Caroline Lamb che non avrà in seguito alcuna remora nel descriverlo come “pazzo, cattivo e pericoloso da frequentare”.

Nel medesimo periodo frequenta una sorellastra dalla quale ha nel 1814 un figlio. Gli scandali si susseguono a ritmi serrati al punto che, per sviare indagini e pettegolezzi, sposa all’inizio del 1815 Anne Isabella Milbanke, con la quale va a vivere a Londra. Forse Byron sperava che sposando l’ereditiera avrebbe sanato una posizione finanziaria disastrosa, ma nel gennaio dell’anno dopo Isabella, detta Annabella, chiede il divorzio.

Oramai Lord Byron è mal sopportato da tutti; gli viene chiesto di non presentarsi più alla Camera dei Lord e frequentando i salotti aristocratici incontra ostilità e diffidenze.

Viene ufficialmente giudicato bisessuale, accusato di incesto, adulterio, sodomia, libero amore ed altro ancora; il 25 aprile del 1816, dopo aver firmato il documento di separazione dalla moglie e deciso di abbandonare l’Inghilterra – nella quale non avrebbe fatto mai più ritorno – parte per il Continente. Lord Byron, per certo consapevole delle proprie debolezze, si descriveva così: “I am so changeable, I am such a strange mélange of good and evil, that it would be difficult to describe me” (Sono così mutevole, sono un così strano miscuglio di bene e male, che sarebbe alquanto complesso descrivermi).

Vita di Byron, dopo l’Inghilterra

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Lisbona, una delle capitali europee visitate da Byron, in questa immagine il Rossio, Praca Dom Pedro IV ©Eugenio Bersani

Negli anni di tumultuosa vita inglese, Lord Byron aveva già compiuto viaggi all’estero, in omaggio alla riconosciuta esigenza spirituale e culturale di scrittori e poeti di integrare le loro esperienze per mezzo delle scoperte dei Grand Tour. Nel 1809 aveva visitato Lisbona, Siviglia, Cadice e Gibilterra, trasferendosi poi a Malta per ben tre mesi, permanenza seguita da una visita in Grecia.

Nel 1810 lo vediamo protagonista di un’impresa sportiva originale: l’attraversamento a nuoto dello stretto dei Dardanelli in Turchia; dall’Asia all’Europa a nuoto! Nel 1811 fa ritorno in Inghilterra a pubblica il famoso Childe Harold’s Pilgrimage. Quando lascia definitivamente il proprio paese, nel 1816, si reca dapprima in Belgio, quindi a Ginevra.

Nell’ottobre del 1816 è a Milano, dove incontra Silvio Pellico, Vincenzo Monti e Stendhal, quindi si trasferisce a Venezia, città nella quale vivrà ben tre anni, imparando, come amava dire, la lingua italiana, quella veneta e quella armena!

La permanenza in Italia, con un nuovo amore (Teresa) con la quale ha vissuto a Ravenna, si protrae per alcuni anni ancora, durante i quali visiterà il paese diffusamente, prima del definitivo imbarco per la Grecia e la prematura fine a Missolungi. Ed è con le impressioni e le annotazioni del suo viaggio in Umbria, che concludiamo l’avventura italiana di George Gordon, Byron.

Suggestioni e lirismo dal cuore verde d’Italia

Nell’opera Childe Harold’s Pilgrimage, dodici strofe sono state dedicate da Byron all’Umbria: quattro al Trasimeno, tre al Clitunno e quattro alla Cascata delle Marmore. In ogni luogo frequentato dal poeta permangono testimonianze terrene del suo passaggio: una via intestata a lui a Tuoro sul Trasimeno, il piazzale antistante la Cascata delle Marmore prossima a Terni, mentre a Campello sul Clitunno la dedica è doppia: c’è la via George Byron e un albergo-ristorante col suo nome.

Lago Trasimeno

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Tramonto sul Lago Trasimeno ©Viviana Biffani

Qui Byron medita lungo le sponde di Tuoro sulla famosa e tragica sconfitta di Caio Flaminio, nel 217 a.C., nel corso della seconda guerra punica, per opera del cartaginese Annibale e commenta: “…ed io m’aggiro più a mio agio lungo il lago Trasimeno, nelle valli fatali alla temerità romana; ché là mi tornano alla mente gli inganni guerreschi del Cartaginese”.

Il poeta ricorda che nella circostanza della battaglia si è verificato anche un terremoto di grande potenza, riportato in seguito anche negli scritti di Cicerone e Tito Livio, e commenta: “…tale è l’assorbente odio, quando popoli guerreggianti si scontrano!”.

Il furore della battaglia sovrasta ogni altro rumore e pericolo; riflessioni che il poeta conclude così: “…adesso il Trasimeno offre una scena ben differente; il suo lago è uno specchio argenteo, e la pianura non è trafitta da alcuna ferita se non dal pacifico aratro”.

Fonti del Clitunno

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Le chiare acque delle Fonti del Clitunno

In una lettera del 4 giugno 1817 scritta all’amico John Murray, Byron ricorda il suo incontro con la famosa Fonte umbra: “… al mio ritorno, vicino al tempio presso le sue rive, ebbi qualcuna delle famose trote del fiume Clitunno…”.

Prima ancora, ne aveva perlustrato con grande partecipazione l’intera zona, accorgendosi che: “…nelle gelide profondità guizzano lucenti trote, qua e là galleggiano soavi fiori di ninfea, mentre il candido giovenco pascola sulle rive erbose”.

La conclusione finale di Byron è insieme poetica ed amara: “…il viandante non deve mancare di benedire il genio tutelare del luogo per questa pausa nel disgusto della stanca vita”.

Cascata delle Marmore

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Il fronte principale della Cascata delle Marmore, in Umbria Foto di crilaman da Pixabay

Qui Byron è a contatto con la forza primordiale della natura e le sue parole non mancano di esaltarla: “…ella s’avanza, come un’eternità per ingoiare tutto che incontra, di spavento l’occhio; beando, impareggiabile cateratta, orribilmente bella”.

Lo spettacolo è impressionante e il poeta ne rimane avvinto: “…rimbombo di acque! Dalla scoscesa altura del Velino fende il baratro consunto dai flutti. Caduta di acque! Veloce come la luce, la lampeggiante massa spumeggia, scuotendo l’abisso. Inferno di acque!”.

Lo sguardo di Byron è affascinato dalla potenza continua e soggiogante della cascata, ma l’attenzione finale è riserbata al minuto miracolo di una natura capace di convivere con la forza impetuosa dell’acqua che scende: “…ma sul margine, da una parte all’altra, sotto lo scintillante mattino, posa un’iride tra gli infernali gorghi, simile alla Speranza presso un letto di morte, e, inconsunta nelle sue fisse tinte, mentre tutto là attorno è dilaniato dalle acque infuriate, innalza serenamente i suoi fulgidi colori con tutti i loro raggi intatti, e sembra, tra l’orrore della scena, l’Amore che sorvegli la Follia con immutabile aspetto”.

Libertas Dicendi n°361 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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