Fra le pieghe del Terremoto

 terremoto

Quando la Natura si mette d’impegno nel procurare guai, più che severa appare addirittura sadica, con queste continue scosse telluriche; un vero incubo per i terremotati, sottoposti a durissime prove di sopravvivenza. Lo sappiamo. La ‘storia’ fisica del nostro stivale, che dalle Alpi in giù, lungo la dorsale dei monti, nasconde la lotta infinita fra la terra sotterranea e le mostruose forze che la insidiano, è anche realtà di sublime bellezza al cospetto della quale ci sentiamo felici, partecipi. Panorami che ci danno serenità e generano negli animi desideri di pace, di contemplazione, non di rado con riflessi ultraterreni. Così ci sono apparsi da sempre i luoghi del centro Italia. La stragrande maggioranza degli italiani ha visitato i numerosi, bellissimi paesi e le storiche cittadine, rimanendone affascinata. Dai centri più noti (Amatrice, Norcia e ora anche Cascia, Tolentino, Camerino) ai numerosi piccoli insediamenti: gruppi di case, strette le une alle altre, campanili e torri arroccati sulle cime dei monti o negli altipiani verdi e sospesi; panorami dispiegati o raccolti, sempre e comunque attorno al cuore delle comunità, rappresentato dalla chiesa, dalla piazza, dalle vie piccole e tortuose, vene portanti della vita della gente, ora preda di sconvolgimenti fisici e morali, davvero atroci.

Ci terrorizza pensare a montagne che si spaccano, vomitando rocce e sassi nelle vallate circostanti, deviando fiumi e torrenti; ci angoscia vedere gli immensi cumuli di detriti e macerie degli edifici d’abitazione e di lavoro, scossi come foglie al vento e sbriciolati su vie e piazze, crogiuolo secolare di gente semplice e laboriosa, tenacemente attaccata ai luoghi nei quali è nata, alle usanze e agli stili di vita dei quali è portatrice. Le cronache parlano di circa mille chilometri quadrati di territorio sconvolto dai ripetuti sismi. Un vero inferno in terra.Le mille storie della gente di questa vasta area, che comprende ben quattro regioni (Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo) riempiono le pagine dei giornali e mostrano, per mezzo della televisione, un ventaglio di ‘reazioni’ del tutto giustificate, anche quando il pessimismo sembra prevalere sulla speranza di rinascita. Chi si occupa di raccontare ciò che è accaduto, quasi sempre lo fa con tatto, partecipazione emotiva e consumato ‘mestiere’. Ed è così che insieme ai lutti, alle rovine, veniamo a conoscenza anche di piccole-grandi storie di fiducia nel proprio lavoro, di solidarietà, di speranza e di futura ‘normalità’.

Come quella di Giorgio da Visso (Macerata) che qui produce artigianalmente il ciàuscolo, il salame che non si affetta ma si spalma; golosa delizia gastronomica ricavata dalle carni di animali allevati nei pianori dei monti Sibillini e da lui ribattezzato vissuscolo, in omaggio al suo paese. Distrutto il capannone-fabbrica, ha trovato ospitalità in quello dell’amico ‘concorrente’ Renato a Bartocci di Matelica; come dire: amicizia e solidarietà. Altro esempio, quello di Diego di Castelluccio di Norcia, produttore delle famose lenticchie. Coltiva lenticchie su 40 ettari di territorio e ogni ettaro dà 8 quintali di lenticchie. Deve rifare il tetto del capannone entro marzo-aprile, in tempo per la semina e per il raccolto (maggio-giugno). Se lo aiutano, bene; altrimenti farà da solo;tenace e determinato. Stessi problemi per Olga e la sua famiglia, che coltiva il Tartufo nero e quello bianco in Valnerina, dal 1852; una vita in ‘bianco e nero’! Sono circa 100 tonnellate all’anno esportate in 68 paesi del mondo.Riceve telefonate dai più famosi chef internazionali, preoccupati per le forniture di stagione. Nel frattempo, si preoccupa di dare una mano ai ‘rivali’ di sempre (i Moscatelli) che hanno subito danni maggiori. Ce la faranno entrambi. Ultimi esempi di professionalità e amore per il proprio lavoro. La famiglia Varnelli, condotta dalle sorelle Simonetta e Donatella, produttrice del famoso liquore d’Anice dei monti Sibillini, zona epicentro dell’ultimo sisma. Non lasceranno a casa nemmeno un dipendente e il famoso ‘Varnelli’, prodotto dai primi anni del Novecento, riprenderà la via degli Stati Uniti e del Canada, paesi nei quali è famosissimo. Tocco finale di laboriosità e determinazione, la battaglia per l’oro giallo (zafferano) condotta da Giovanni di Pieve Torina, nel maceratese. Dei sette quintali di bulbi per la semina del prezioso prodotto, gliene sono rimasti solo due. Normalmente, prima del sisma, produceva sette etti di zafferano, venduto a 25 Euro al grammo; ha calcolato una perdita, finora, sui 40mila Euro. Ma si rifarà. Non vede l’ora della nuova fioritura, la cui raccolta va fatta all’alba. In una terra non più preda del terremoto. Si spera.

del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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