Jorge Leal Amado de Faria, noto come Jorge Amado (1912-2001) ha scritto: “In Italia Patrizia Giancotti festeggia ogni trentun dicembre la sua Sirena-Yemanjà, che arriva veleggiando da Bahia”. Me la immagino ora, Patrizia, trasferirsi fra pochi giorni sulla spiaggia di Soverato a scrutare lo Jonio in attesa che all’orizzonte compaia un naviglio con la dea Yemanjà – vestita d’azzurro, di verde e di bianco – qui spedita dal vaticinio del grande scrittore brasiliano, suo antico amico. Pur essendo una donna che molto viaggia per correr dietro ai numerosi impegni di docenza, giornalismo scritto, fotografico e radiofonico, non mi vengono alla mente altri luoghi nei quali Pat possa trovarsi, da quando (un paio d’anni fa) ha deciso di trasferirsi in Calabria, per insegnare antropologia nella città dello Stretto. Conoscendola, sono abbastanza convinto che una sosta (magari prolungata) la possa fare, guardando il mare, nell’ultimo giorno dell’anno. E magari arriverà anche a sciogliere a fil di labbra l’inno alla sua dea: “…o regina del mare, fiore delle acque, che vien dal mare, per purificare”. A migliaia di chilometri di distanza, nello stesso giorno, milioni di brasiliani si recheranno sulle spiagge dell’Atlantico per festeggiare anche loro Yemanjà. Anche a Bahia, soprattutto a Bahia, la città di Jorge Amado che negli anni Novanta l’accoglieva per parlarle dei riti religiosi e magici della sua terra, della sua gente; per raccontare poi agli amici le piacevoli sensazioni che questa studiosa italiana gli aveva procurato con le sue visite: “nemmeno mi ricordo la prima volta che questa italiana-bahiana mise piede in casa mia; per me c’è sempre stata. Ho visto i suoi occhi e il suo cuore prima che cominciassero a fotografare il Brasile, ma si capiva già cosa ne sarebbe venuto fuori. Nelle foto di Patrizia Giancotti c’è l’anima di Bahia”. Questo le verrà in mente, nel suo 31 dicembre in riva al mare.
Ho conosciuto Patrizia all’inizio del Duemila, presso il Consolato del Paraguay a Milano. L’occasione, se non ricordo male, era un piccolo ricevimento per la Festa della Bandiera e della Nazione. Ci siamo conosciuti lì perché Patrizia aveva pubblicato un bellissimo reportage (con sue foto) sul Paese sud americano mentre io e Lucio Rossi eravamo reduci da una permanenza in Paraguay l’anno prima e avremmo pubblicato di lì a poco anche i nostri, di reportage. È stato in un’occasione successiva, presso il Consolato del Brasile a Milano, che Patrizia mi ha parlato del grande Paese sud americano nel quale oramai era di casa. Qui ha svolto ricerche sui poteri femminili nei culti tradizionali di Bahia e sullo sciamanesimo amazzonico e qui ha avuto modo di conoscere l’anima profonda – intrisa di vita intensa e religiosità – dei vari protagonisti che via via incontrava e frequentava: scrittori, musicisti, sacerdotesse del Candomblè, parola di origine bantu che identifica la religione arrivata in Brasile dall’Africa degli antichi schiavi. Il tutto avveniva nella splendida Salvador de Bahia, definita la Roma Nera dal sociologo francese Roger Bastide (1898-1974) proprio per l’alta percentuale di persone cattoliche di colore. Intenso quindi di studi e di partecipazione il periodo brasiliano di Patrizia, consacrato dall’Alta Onorificenza del Cruzeiro do Sul, per iniziativa del Ministero della Cultura.
In occasione della sua recente partecipazione a “Il Tempo delle Donne a Milano”, Patrizia ha ricordato e scritto delle sue esperienze e conoscenze del Brasile, di questo immenso Paese che per lei è una seconda patria. La sua familiarità con la profonda cultura popolare di questa terra l’ha resa testimone e insieme vestale di una civiltà che meriterebbe maggiore conoscenza e considerazione anche in Europa, proprio per l’originalità della sua formazione: l’unione fra le radici religiose africane e il successivo arrivo del cattolicesimo, che insieme hanno dato vita al Candomblè, religione nella quale gli dei africani si sono mescolati con i santi della Chiesa. Dei o spiriti che hanno un nome, Orixás, e vengono venerati e festeggiati nei caseggiati di Bahia chiamati terreiros. Sono personaggi con pregi e difetti propri dei comuni mortali cui molto assomigliano. Olorun è il dio supremo, affiancato da Ogum (dio della guerra) e dal fratello Exu (diabolico corriere degli Orixás); poi troviamo Oxóssi (dio della caccia) e Xangô, divinità del fulmine, del fuoco e del temporale. Ecco infine Oxum (dea del fascino e della bellezza) e Yemanjá, signora delle acque, madre di tutti gli Orixás. Il personaggio affascinante che fra pochi giorni approderà sulla spiaggia di Soverato, per incontrare Patrizia Giancotti.
Libertas Dicendi n° 241 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com