Per la verità il verso di Gabriele D’Annunzio racconta che è “tempo di migrare”; ma non è una migrazione di uomini, bensì di pecore che, assieme ai “suoi” pastori (quelli di D’Annunzio, abruzzese come loro) “lascian gli stazzi e vanno verso il mare”. Se vogliamo, è un viaggio d’altri tempi, ma pur sempre un viaggio settembrino. Mese, settembre, che segue le vacanze estive, la ripresa della scuola per chi ha figli, la ripresa del lavoro per chi ce l’ha, la speranza di una ripresa economica per quasi tutti gli altri. Ma c’è una categoria di persone, più fortunata delle altre, che ritiene che settembre sia il mese migliore per concedersi un supplemento di vacanza: clima ancora buono, minore affollamento dappertutto, prezzi inferiori a quelli dell’alta stagione, eccetera. Diamo quindi un occhio a ciò che hanno detto, parlando di viaggi e del viaggiare, alcuni celebri personaggi. Anzitutto “perché” viaggiare. Sant’Agostino non ha dubbi; sostiene infatti che “il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina”. Gli dà man forte Omar Khayyam, poeta persiano: “la vita è un viaggio e chi viaggia vive due volte”. Per certi versi ovvio, per altri profondo è quanto afferma anche il cinese Lao Tzu, filosofo morto nell’anno 533 a.C.: “un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo”. E di primi passi se ne intendono davvero i Tuareg, i cosiddetti uomini blu del Sahara, che affermano convinti: al primo viaggio si scopre, al secondo ci si arricchisce”. Sottili e incisive come sempre sono poi le considerazioni dei saggi dell’India che dicono come “viaggiando alla scoperta dei paesi, troverai il continente in te stesso”. Viaggi quindi utili anche per valorizzare le inespresse qualità interiori che tutti, bene o male, possediamo.
Cantava Lucio Battisti: “sì, viaggiare, evitando le buche più dure (…) dolcemente viaggiare, rallentando per poi accelerare”, un esercizio di guida non solo materiale, come ben sanno i milioni di ragazzi e ragazze che hanno amato il poeta che, tra l’altro, cantava. Il viaggio sempre e comunque come metafora, come avventura grande o piccola che finisce per scuotere nell’intimo ogni testa pensante. La conferma arriva dal romanziere americano Pat Conroy: “una volta che hai viaggiato, il viaggio non finisce mai, ma si ripete infinite volte negli angoli più silenziosi della mente. La mente non sa separarsi dal viaggio”. Perché avviene questa simbiosi tra viaggio e memoria? Dipende da come si affronta l’avventura; la conferma arriva con le parole di Claudio Magris: “viaggiare è una scuola d’umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicare un’altra”. Tralasciando comunque ogni ulteriore approfondimento psicologico, possiamo concretamente concordare con il giudizio espresso da Marcel Proust: “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere occhi nuovi”.
Se dobbiamo alla fine approfittare del mese di settembre per “evadere”, fisicamente e con lo spirito, non è indispensabile pensarla come Cristoforo Colombo (non si va così lontano che quando non si sa dove si va); più concretamente, si può essere d’accordo con lo scrittore e saggista francese Alain Borer che afferma: “di tutti i libri, quello che preferisco è il mio passaporto, l’unico in ottavo che apre le frontiere”. Addolcisce un po’ il giudizio Salman Rushdie, quello dei “Versetti Satanici”: “i viaggi sono legati al superamento delle frontiere, ma che per frontiere si devono intendere anche le frontiere della mente”. Ci sono poi (pochi, per la verità) personaggi che non amano o non hanno amato molto i viaggi; uno di questi è il filosofo e scrittore russo-americano Dagobert D. Runes, che ammonisce: “le persone viaggiano verso posti lontani per osservare, affascinati, persone che normalmente ignorano a casa”; decisamente negativo il giudizio di Ennio Flaiano, giornalista sceneggiatore vissuto nel secolo scorso: “viaggiare è come tenere i rubinetti aperti e vedere il tempo che va via; sprecato, liquido, intrattenibile”. Curiosa l’affermazione di Emilio Salgari: “scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli” e c’è da credergli; infatti i meravigliosi viaggi dei suoi romanzi d’avventura sono stati concepiti a tavolino, con l’aiuto di un atlante. Alla fine, per programmare “il” viaggio che si desidera, è sufficiente essere d’accordo con quanto ha scritto il filosofo francese Gilles Deleuze: “i nomadi non hanno storia, hanno solo geografia”.
del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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