Zucche. Non solo Halloween

Trick or treat?

Come ogni anno, ritorna con sempre maggior vigore e popolarità la Festa di Halloween, ovvero l’antica ricorrenza inglese di All Hallow’s Eve (notte degli spiriti sacri) attestata sin dall’anno 1556. I bambini moderni – compresi quelli ormai prossimi alla pubertà – sciamano nelle varie case condominiali, rumorosi e mascherati, suonando i campanelli delle porte e a chi apre recitano in coro: Dolcetto o Scherzetto? Meglio consegnare caramelle, cioccolatini, forse frutta di stagione, per evitare probabili “scherzetti” che, visti i tempi correnti, potrebbero colorarsi di sadismo! La parola scherzetto viene dall’inglese trick e si lega indissolubilmente all’altra (treat) che vuol dire dolcetto. Celebre la filastrocca inglese che recita: “trick or treat, smell my feet, give me something good to eat” (“scherzetto o dolcetto, annusami i piedi, dammi qualcosa di buono da mangiare”).

Le zucche intagliate

L’usanza di Ognissanti è nata in Irlanda e in Gran Bretagna ed è piuttosto antica; persino Shakespeare ne parla in un dialogo della commedia “I due gentiluomini di Verona” (1593) ricordando il mendicante Hallowmas (Halloween). Più tardi entrano in scena le zucche! Sembra che abbia preso avvio nell’isola verde, l’Irlanda, la consuetudine di intagliare queste cucurbitacee per ricavarne maschere grottesche, capaci in alcuni casi di generare paura in chi le osserva di notte, illuminate internamente. Anni dopo, nel 1834, tale pratica si è diffusa nel Nord America e da lì, lo sappiamo, nel mondo intero.

E le zucche dei racconti?

Eccoci ora alle zucche cocchio o carrozza. Quella di Cenerentola, che tutti da piccoli abbiamo visto nel famoso cartone animato prodotto da Walt Disney, nasce da una favola di Charles Perrault (1628-1703), con la comare (o fata) che chiede a Cenerentola di cogliere in giardino una zucca. “Cenerentola subito andò a cogliere la più bella che le riuscì di trovare, e la portò alla comare, senza capire come mai quella zucca l’avrebbe fatta andare al ballo. La comare la vuotò e quando non fu rimasta che la sola scorza, la percosse con la sua bacchetta e la zucca fu subito mutata in una bella carrozza tutta dorata”. Anche Leonardo da Vinci parla delle zucche; per la precisione la sua storia coinvolge un salice, una gazza e i semi di una zucca. Il salice si lamenta perché oppresso dai tralci delle viti e di altre piante che gli impediscono la vista del cielo e del sole; sceglie la zucca e chiede alla sua amica gazza di procurarle i semi che spargerà attorno alle sue radici. La zucca cresce e finisce per soffocare il salice, con i rami e i grossi frutti; nell’estremo tentativo di salvarsi, il salice invocherà l’amico vento di toglierle le grosse zucche che appesantiscono i rami della pianta; ma la fine, conclude Leonardo, sarà triste: il tronco del salice si dividerà in due parti e la pianta morirà. Jean de La Fontaine (1621-1695), scrittore che prediligeva gli “apologhi morali” alle fiabe, racconta invece la storiella di una ghianda, una zucca e un contadino vagamente filosofo che, osservando le due piante (quella piccola ed essenziale della zucca e l’enorme quercia che produceva ghiande) disquisisce sul fatto che questa gli sembrava una anomalia della natura, salvo cambiare opinione quando – appisolatosi sotto la quercia – gli cade una ghianda sul naso. Con un pensiero riconoscente al Creatore, si rallegra per il danno limitato, sicuramente più grave e doloroso a frutti invertiti!

Zucche in cucina

Da ultimo, le zucche frutto della terra. Per intenderci, quelle che si possono mangiare in mille modi e fanno oramai parte delle ricette di molti chef. La zucca arriva anch’essa dall’America, ma in forme e nomi differenti esisteva già nel vecchio continente – sin dal tempo dei Romani – e prima ancora in India, Egitto e nei paesi di lingua araba. La parola latina era cucutia; la zucca, nella tradizione contadina, è stata definita il maiale degli ortaggi, dato che se ne poteva usare ogni parte, senza inutili sprechi. Carrellata finale, dunque, su alcuni tipi di zucche esistenti: fra quelle “straniere” la zucca giapponese di Hokkaido, di colore arancione intenso, e la zucca americana, impiegata per la tradizionale torta pumpkin pie. Fra le nostrane, troviamo la zucca Delica verde scuro; la mantovana verde e ondulata; la piacentina o berrettina verde grigio; la zucca marina di Chioggia che Goldoni definisce “zucca barrucca”; seguono la zucca lunga di Napoli per condire pastasciutte, la siciliana lagenaria, affusolata come un serpente per condire la pasta o da far saltare in padella. Quella campana di butternut (noce di burro) è marroncina e rugosa, mentre la violina è adatta per torte e pasticcini. Chiudono le zucche ornamentali. Secche, non si mangiano ma deliziano la vista per le forme e i colori.

Libertas Dicendi n° 233 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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