Riflessioni di un soggetto a rischio

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Due settimane fa ho pubblicato #iorestoacasa. Con relisienza, s’intende. Anzi, con resilienza positiva; così ho scritto. Due settimane che sembrano un secolo; addirittura un secolo-veloce. Non fatevi cogliere dal dubbio se sia uno di quelli che dicono “io resto a casa” con tanto di hashtag, poi mentono a sé stessi e agli altri caracollando in tutina attorno al proprio condominio. Io a casa ci resto per davvero e l’ho anche ufficializzato sulla mia pagina “feisbuk”(!), senza contare che non potrei caracollare attorno al condominio per obiettive difficoltà pratiche; se poi lo facessi con la tutina, sarei ridicolo come Fantozzi con i suoi famosi mutandoni ascellari. Seriamente: sono super allenato alla mobilità ridotta del corpo; questa viene per fortuna compensata dall’attività mentale che (mi consenta, direbbe Berlusconi) ritengo non mi faccia difetto. Ad ogni modo è davvero strana la sensazione che provo, giorno dopo giorno, al pensiero di un contatto (verrebbe da dire fatale, come la femme di una sterminata letteratura rosa) con l’avversario subdolo e feroce che sta terrorizzando l’Italia e in modo speciale la mia regione, la mia città. Faccio parte della categoria più a rischio, quella che gli specialisti della salute definiscono “anziani con patologie pregresse”; in altre parole sono, insieme a tanti altri vecchi, tra i maggiori indiziati al possibile incremento doloroso del numero di quelli che non ce la fanno, con o senza intervento diretto del coronavirus. Sulla questione poi delle patologie pregresse, ci sarebbe molto da disquisire: qual è l’anziano che non ne ha o non ne ha mai avute?

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Essere persona anziana (o meno giovane!) a rischio, non mi dispensa però dall’immaginare come possa evolversi la situazione nell’immediato futuro e più in là ancora. È vero che non è di particolare conforto leggere o ascoltare la ripetuta litania dei numeri che viene sciorinata ad ogni piè sospinto, con l’immancabile accompagnamento delle (di volta in volta) contrastanti e spesso fuorvianti opinioni di chi reputa di sapere tutto sulla pandemia e dispensa consigli e dogmi a piene mani. Adesso che si viene a sapere che il Covid-19 circola liberamente per il mondo già dal dicembre scorso; adesso che investe con virulenza quasi tutti i Paesi della terra e comincia a incidere sulla sopravvivenza dei più giovani e talvolta anche dei giovanissimi, è il caso di esclamare come una volta: calma e gesso! Pensiamo a resistere: con raziocinio e perseveranza; pensiamo cosa “fare” e cosa “non fare” e agiamo di conseguenza; riflettiamo sul significato concreto del nostro lavoro e sui messaggi che da questo possono giungere a terzi; tiriamo una prima riga d’interruzione tra il prima e il dopo che verrà e completiamo la lista delle buone intenzioni future, rendendole calzanti con il tipo di attività che svolgiamo. Beninteso: tutto questo vale per i colleghi che sono in pista e che riprenderanno a pedalare. Io in pista non lo sono più da diverso tempo, ma mi metto idealmente nel mazzo, perché se possono valere anche solo le parole, beh, ci sono anch’io. Tutto il resto compete ai colleghi attivi.

E i colleghi attivi, di sicuro, stanno già lavorando ai programmi futuri. Quali saranno? Facile la risposta: secondo le inclinazioni personali, le specializzazioni acquisite, le esperienze maturate e le consapevolezze sociali subentrate al dopo-coronavirus, avranno l’opportunità di sbizzarrirsi. Quando ci sarà di nuovo la possibilità di spostarsi in sicurezza, quando riprenderanno i contatti interrotti o quasi, con chi i viaggi richiede e con chi pubblicherà racconti e resoconti di questi viaggi, il Giornalismo di Viaggio tornerà ad essere come era. Starà a noi (attivi e sedentari) fare in modo che possa migliorare ulteriormente, includendo – nel descrivere la vita e le realtà di altre genti e altri luoghi – il nuovo sentire comune e la certezza di aver acquisito nuovi valori grazie all’esperienza che il Covid-19 ci ha imposto; le parole per dirlo, a beneficio dei lettori, verranno da sé. Semmai, sarà quasi un obbligo morale scegliere in prevalenza mete italiane, dato che avremo un gran bisogno di riattivare in tempi relativamente brevi la macchina-turismo del nostro Paese. Ogni contributo personale per questo e obiettivi similari sarà tema di riflessione individuale del periodo #iorestoacasa. Non sarà poi male se ad ogni sforzo individuale corrisponderanno anche iniziative per quanto possibile concordate tra le varie associazioni che compongono il mondo del turismo, favorendosi e aiutandosi reciprocamente. In altre parole: perché Neos e Gist non potrebbero parlarsi per individuare comuni obiettivi promozionali che riguardino il first-aid turistico per l’Italia e le sue mete?

Libertas Dicendi n° 255 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

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