Carlo Tognoli: uno che c’è sempre stato

Carlo-Tognoli

Con sincero dolore per molti e profondo dispiacere per tutti, da pochi giorni Milano ha perso uno dei suoi figli migliori. Con grande e rispettoso affetto i milanesi lo chiamavano Tognolino e lui, con pari rispetto e convinzione, ricambiava definendoci sempre e solo Cittadini.

Un Brissago in compagnia

Sono le dieci del mattino. Arrivo puntuale all’appuntamento fissato per quell’ora e dico a uno dei numerosi custodi di Palazzo Marino (in divisa scura, li confondo spesso con i vigili urbani) che sono atteso dal sindaco Tognoli.

Il custode non fa in tempo a prendere in mano la cornetta del telefono che dopo pochi secondi lo vedo arrivare a passo svelto dal cortile interno del palazzo comunale: “cambio di programma; vieni, parliamo in auto!”. La grande vettura grigia metallizzata, mi pare fosse una Lancia, con autista e addetto stampa del Comune davanti, accoglie entrambi nell’ampio sedile posteriore e subito il Sindaco, dopo uno stringatissimo e sorridente “ciao” mi chiede – fingendosi preoccupato – se ho con me i sigari che si acquistano solo a Lugano.

Sa benissimo che non avrei potuto dimenticarmene; glieli avevo promessi! Apro il borsone che contiene il registratore e gli consegno due scatole di sigari Brissago: una di tabacco chiaro, l’altra di tabacco scuro più forte; i lunghi sigari di foglie arrotolate hanno un’etichetta blu nel mezzo e sono percorsi per la loro lunghezza da una sottile paglietta che li mantiene compatti e funge anche, volendo, da fiammifero long size.

Dopo pochi minuti l’auto è invasa dal fumo di due Brissago che accompagnano il nostro parlottio: idee su cosa discutere per la programmata intervista per la Radio Svizzera una volta tornati in Comune, a conclusione dell’impegno istituzionale del sindaco al Vigentino.

Esserci, sempre

Una cosa è certa: il mio personale ricordo si accompagna alle decine di migliaia di altri ricordi che i milanesi hanno del loro sindaco, perché Carlo era fatto così: immediato, spontaneo, privo di inutili fronzoli verbali, simpatico e disponibile. Doti che facilitavano la comprensione dei problemi della città e la necessaria condivisione nel risolverli.

Ecco perché il cordoglio unanime per la sua scomparsa si è già velato di rimpianto. Ha detto bene l’attuale sindaco Beppe Sala nel commiato della Sala Alessi: Carlo c’è sempre stato, per tutti; in ogni momento e per qualunque importante situazione.

Questa è una verità così semplice e viva nella memoria collettiva, da apparire in un certo senso sbalorditiva; paragonata alle imperanti amnesie, insofferenze, falsità, ripicche, che non di rado si accompagnano a volgarità dialettiche e comportamenti dolosi – ciclicamente e in larghi strati della società – risalta impietosa.

Chi oggi vive un clima politico e sociale sicuramente appesantito dai ricorrenti pericoli pandemici, si rifugia con la memoria negli anni del sindaco Tognoli. Anche i suoi sono stati anni difficili, comunque affrontati e risolti con coraggio.

Lavoro, partecipazione, cultura

Le cronache di ieri e dell’altro ieri hanno messo in fila con puntualità gli anni milanesi di Carlo Tognoli e i molti positivi traguardi raggiunti che fanno oramai parte della storia della città. Interessante al contrario riconsiderare quali possano essere stati i motivi per i quali era così popolare e benvoluto.

Tognoli era il sindaco che girava Milano in bicicletta; quello che aveva orari continuati, se lo richiedevano le circostanze; quello che ascoltava tutti, parlando poco, ma era in grado di decidere in autonomia, responsabilmente; era ascoltato e stimato dai personaggi importanti della politica, della società e del mondo del lavoro, perché sapeva mediare per arrivare poi a sintesi propositive.

Carlo Tognoli è stato l’artefice principale della crescita sociale della capitale economica del paese e la “sua” Milano era leader in Europa e traino per l’Italia. Carlo amava senza riserve Milano, al punto di dar vita a un’associazione chiamata appunto “Amare Milano”, poi confluita nel “Centro Studi Grande Milano”di Daniela Mainini (che lo ricorda così: schivo negli affetti, ironico, garbato) e Ugo Finetti, gli amici di sempre.

Carlo Tognoli socialista puro, autonomista e riformista – al punto d’aver chiamato i suoi figli Filippo (come Turati) e Anna (come Kuliscioff) – sapeva che dopo gli anni di piombo Milano doveva puntare “anche” sulla Cultura, in seguito onorata con grandi Mostre di prestigio (famosa quella de “I Longobardi e la Lombardia”) sull’amore per il Teatro, per le iniziative culturali, l’interscambio di persone, progetti, iniziative.

Suggerimento finale: perché non accoglierlo tra gli altri Grandi milanesi del Famedio?

Libertas Dicendi n°304 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com