Filippo Sassetti loda Lisbona (antigua y señorial)

Nel 1582 il letterato e mercante fiorentino approda a Lisbona e ne rimane incantato: “…questo è il più bel sito, a giudizio mio, che sia in Europa; e se e’ si dicesse nel mondo, non crederei gran fatto lontanarmi da vero”. Da perfetto cesellatore della lingua italiana, non vuole lasciare dubbi in chi legge e aggiunge: “…e se io mi ricordassi adesso dei luoghi, da’ quali voi volete che le città si lodino, io credo per certo che pochi se ne lascerebbono, da’ quali Lisbona non si potesse lodare”.

Libertas Dicendi n°335 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

Un viaggiatore atipico, straordinario  

Sono le scansioni temporali della sua vita che fanno definire Filippo Sassetti un viaggiatore diverso da tutti gli altri – e sono tantissimi – che in questo periodo storico solcano le molte vie del mondo. Sassetti nasce a Firenze il 26 settembre del 1540 e vivrà nella sua città sino al compimento del trentottesimo anno.

Di famiglia agiata, è attratto dagli studi letterari; frequenta l’università di Pisa per sei anni e nel gennaio del 1574 entra nell’Accademia fiorentina degli Alterati, scegliendo per sé il nome accademico di Assetato; assetato di sapere: infatti l’emblema prescelto è una spugna e il motto che l’accompagna recita: mai sazia.

Gli interessi culturali del fiorentino sono di preferenza orientati verso la letteratura che non verso la filosofia. Studia Orazio, Dante, Petrarca e scrive saggi critici su questi e altri autori; fra i contemporanei, segue con amore i colleghi accademici ma non apprezza le opere dell’Ariosto.

Percepisce la grandiosità e la bellezza della recente scoperta dell’America e subisce il fascino di altre terre, anche se alle ragioni del viaggiare per guadagno preferisce quelle del sapere. Per aiutare il fratello che ha avuto rovesci finanziari, lo aiuta lasciandogli tutte le sue sostanze e decide di partire da Firenze.

Nella penisola iberica e (soprattutto) a Lisbona

Nel 1578 lascia l’Italia. Si stabilisce inizialmente a Siviglia, quindi a Madrid e tra la fine del 1581 e l’inizio dell’anno successivo raggiunge Lisbona, dove si fermerà e darà vita alla sua attività commerciale per conto della famiglia fiorentina dei Capponi.

Ed è proprio a Lisbona che Filippo Sassetti vive un periodo felice di benessere materiale e spirituale, pur avendo in animo di scoprire altri paesi e altre genti. Gli piace tutto della città e nelle sue famose Lettere si chiede: “…il dirvi sopra quanti colli ella sia posta non mi verrebbe fatto, perché, sebbene le valli principali che ella occupa sono tre, i colli sono più di dieci o dodici…”.

Valli e colli significano alture e quindi continui saliscendi, con strade pressoché inaccessibili per i cocchi e le carrette; il paesaggio è delizioso, fa intendere Sassetti, ma subito dopo aggiunge maliziosamente che i fidalghi (gentiluomini) del luogo, non potendo percorrere queste strade a cavallo e men che meno a piedi perché esercizio non consono alla loro vanità, finiscono per non andarci mai!

Ma Filippo vede molto altro di Lisbona: la posizione unica dell’agglomerato urbano, con le case situate sulla costa e dalle quali “…scoprono il Rio (il Tago) pieno di navi e di legni…che maggior diletto non si potrebbe chiedere, potendosi stare alla finestra e vedere quelle tante e sì nuove cose”; ammette poi candidamente d’aver riproposto un verso originale del Petrarca. Unica differenza, quello del poeta era un paesaggio italiano.  

Ricchezze naturali del paese lusitano

Il viaggiatore fiorentino è, oltre tutto, un attento osservatore dei modi di vita della gente. Si accorge ben presto che l’atteggiamento tra chi vive in campagna e chi vive in città è differente.

I contadini sembrano accontentarsi di ciò che la terra offre, che è in tutta onestà molto ma potrebbe essere di più, se loro vi prestassero le necessarie cure. L’olio prodotto ogni anno soddisfa le esigenze di consumo interno e consente la spedizione di migliaia di botti; così per il vino, tanto vino da consumare in Portogallo e da spedire in Brasile, India, nelle Fiandre e in Inghilterra.

Anche il grano, trasformato in pane, è abbondante: ce ne sarebbe da far scoppiare la gente per il gran mangiare! Però, conclude il fiorentino, non hanno molta voglia di lavorare e tutto è lasciato alla natura, con gli ulivi che fioriscono due volte l’anno ma vengono trascurati per cui solo ogni quattro anni danno il meglio di sé. Stesso discorso per i traffici marittimi.

Riferendosi al porto di Lisbona, Sassetti annota: “…qui vengono insino dal mare diacciato (ghiacciato) le vettovaglie che la sostentano, cominciando da que’ porti sopra alla Polonia, per molte centinara e migliara di leghe…”. Arriva di tutto: segale e altre biade, grani, caci, burri, pesci salati, carne salata; dalle Fiandre e dalla Gran Bretagna provengono uova, galline, galli e capponi, venduti “…a stia a stia…” (gabbie grandi, dove si tengono i volatili all’ingrasso).

A questo punto Sassetti pare quasi voglia comprendere, se non giustificare, l’inedia dei locali: “…a che’ dunque strignerne (sfruttare, mettere sotto pressione) la propria terra? Perché tanta fatica? se le cose necessarie le son date dal sito e dal porto del più bel fiume che sia, a credere mio, in tutta Europa”.

Centinaia di navi che arrivano cariche di merci e di prodotti alimentari e navi che a loro volta portano nell’Europa del nord i prodotti locali o quelli giunti da paesi lontani (Americhe, Oriente).

Le Lettere, prezioso compendio di vita vissuta

Filippo Sassetti verrà ricordato non per essere stato uno che ha viaggiato molto, ma come uomo di lettere che ha indagato a fondo, per poi descriverli con minuzia, i luoghi e le persone che ha conosciuto, forse come pochi altri hanno fatto nel corso dei loro viaggi.

La sua curiosità, il suo spirito d’osservazione, sostenuti da solide basi culturali, hanno dato origine alle famose Lettere che via via ha spedito a personaggi noti del suo tempo (il cardinale Ferdinando de’ Medici, il granduca Francesco I di Toscana) e ai molti amici e accademici di Firenze; lettere che dall’India, sua meta definitiva, hanno mostrato come fosse avido di imparare, assimilare e condividere le culture dei popoli che ha incontrato.   

India, ultimo viaggio

La decisione di Filippo Sassetti di lasciare Lisbona e partire per l’India è alla fine motivata dal fatto che la famiglia Capponi per la quale commerciava, decide di chiudere le varie sedi che aveva per l’aumentata concorrenza di altri mercati iberici.

Lui avrebbe voluto far ritorno a Firenze, ma le condizioni finanziarie del fratello continuavano ad essere precarie; trova quindi un accordo col mercante portoghese Giovambattista Rovellasco che ha ottenuto in appalto dal re di Spagna la fornitura di pepe e spezie; il Sassetti venderà in India le merci portoghesi e acquisterà in quel paese le spezie da inviare a Lisbona.

Il 9 novembre del 1583 parte con destinazione Cochin, nel Malabar, con i compagni Giovanni Buondelmonti e Orazio Neretti. Qui giunto, dà vita a un pendolarismo operativo tra Cochin e Goa e nota che dalle navi che arrivano dal Portogallo le persone che sbarcano sono “…ogni anno duemilacinquecento o tremila uomini e fanciulli della più perduta gente che vi sia; gettansene al mare la quarta e la terza parte e talvolta la metà; gli altri che giungono vivi sono posti in terra: viene la morte o la furfanteria e li raccoglie tutti e per la maggiore parte fanno la mala fine…”.

Non è questa la sorte toccata a questo notevole personaggio di viaggiatore particolare, che ai doveri del mercante univa i piaceri dello studioso. Sassetti è stato tra i primi europei a studiare il sanscrito, l’antica lingua indiana, intuendone le similitudini che l’affiancavano agli idiomi d’Europa. Il 3 settembre del 1588, all’età di soli 48 anni, muore per malattia a Goa.

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