Provenza. Il canto della cicala

La luce entra con prepotenza dalla persiana socchiusa e gli oggetti nella stanza prendono vita. La stampa di Van Gogh appesa alla parete di fronte a me si illumina come per magia, ma è solo guardando i caschi sulla sedia che realizzo di essere sveglia. Fuori c’è ancora un gran silenzio, il paese non si è ancora svegliato in questo nuovo giorno d’agosto, proprio come Max qui accanto a me. Il color lavanda della persiana si riflette nello specchio antico ed io ripercorro le giornate trascorse il sella alla nostra moto rapiti dagli splendidi paesaggi della Provenza, ora su strade panoramiche, ora su canyon suggestivi. Mi rivedo intenta a far foto alle case color pastello, ai campi di girasole ormai reclinati su se stessi e alla lavanda raccolta a mazzetti e venduta sui banchi al mercato. Non riesco più a stare a letto, apro la persiana e respiro profondamente, l’aria del mattino è fresca sul mio viso, il cielo di un azzurro abbagliante incornicia le gole del Verdon, il fiume là in fondo è un nastro color smeraldo, guardare giù dà un senso di leggerezza e benessere. Affacciata al davanzale fiorito, con i gomiti ormai doloranti, continuo a rivivere i bei momenti nei mercati colorati, pieni di gente di ogni etnia, bancarelle di pesce fresco, salumi e formaggi locali, montagne di olive e di saponi, tovaglie e ceramiche, e poi spezie, tantissime spezie. Anche io avrei voluto riempire le cesta con tutti quei prodotti fino a farla traboccare, e sorrido ripensando a quelle signore che usano le borse di paglia intrecciata per portare in giro il proprio cane. Un po’ a malincuore riordino i bagagli, anche Max raccoglie le ultime cose, dalla finestra si comincia a sentire il vocio della gente operosa, le serrande delle botteghe di chincaglierie si aprono per accogliere i nuovi turisti, il canto insistente della cicala sembra volerci dire… è presto per tornare a casa.

Testo e foto di Silvia Cecchi, Racconti di Viaggio