Lazzaretto di Milano: Peste ultimo atto

Sono oramai infinite, ripetute e frustranti le cronache che ci parlano del Covid-19 che all’inizio chiamavamo Coronavirus. Partito dalla Cina, ha finito per raggiungere ogni angolo della Terra e sembra non esserci località del pianeta esente dal contagio.

milano-resto-vecchie-mura-del-Lazzaretto
Ciò che rimane delle vecchie mura del Lazzaretto a Milano ©L.Petrazzoli

Covid uguale Peste del Ventunesimo Secolo, allora; paragone che richiama alla mente dei milanesi e dei lombardi antiche sciagure sanitarie presenti nelle cronache dello sviluppo della città, nel corso dei secoli.

Scampoli di tempo segnati da ricorrenti periodi nei quali la peste ha mietuto lutti a Milano e nei numerosi borghi del contado, quando ancora gli spazi verdi tra un insediamento e l’altro erano vasti e poco popolati.

Oggi la peste non fa più paura, ma è stata purtroppo rimpiazzata da altre pericolose pandemie, legate a un insieme di fattori quali eccessivo popolamento, mobilità continua, stili di vita, globalizzazione ed altri ancora.

Milano e la peste; una storia antica

Nel 1447 – così come in anni precedenti – Milano non aveva un sistema ospedaliero in grado di fronteggiare le ricorrenti ondate di peste. Oggi, per fronteggiare il Covid, disponiamo per fortuna di ospedali, medici, personale sanitario e attrezzature adeguate che consentono di limitare i decessi e guarire molti ammalati.

Un tempo si giustificava la malattia dando credito a credenze popolari, superstizioni, rifiutando lo straniero (invasore o migrante che fosse). Per curarsi, ci si affidava a cerusici praticoni, barbieri con limitate licenze mediche e imbonitori truffaldini che somministravano pomate e intrugli miracolosi.

Forti dunque delle precedenti esperienze, i milanesi cercano una soluzione: decidono di creare una struttura adeguata e pensano di costruirla a debita distanza dal centro abitato. Scelgono Cusago, lungo la strada per Abbiategrasso; l’esperimento naufraga però in malo modo quando nel 1451 si verifica una prima ondata del morbo: per la lontananza dalla città, sono più gli individui che muoiono durante il tragitto rispetto a quelli che ce l’hanno fatta ad essere ricoverati nel nosocomio.

Passano un po’ di anni e Lazzaro Cairati presenta a Gian Galeazzo Sforza un progetto per una struttura da creare in località Crescenzago; progetto subito abbandonato per l’opposizione feroce degli abitanti del grosso borgo. Arriva l’anno 1485 e la presenza del malefico morbo fa altri 135 mila morti.

Lazzaretto, ospedale regalato

La situazione è drammatica. Le autorità riesumano un progetto originariamente scartato del Cairati e grazie a un generoso lascito di tale Galeotto Bevilacqua pensano di dar vita a un ospedale degno di questo nome.

Debbono però rispettare le clausole imposte dal Bevilacqua per poter usufruire dei fondi: 1) l’ospedale nascerà per assistere gli appestati; 2) dovrà sorgere nella zona di via San Gregorio; 3) dovrà essere operativo entro due anni dalla morte del donatore.

Un sogno, questo, perché passeranno circa venticinque anni prima che il complesso del Lazzaretto, affidato nel 1488 a Lazzaro Palazzi, venga ultimato. Finito sì, ma non efficace per gli scopi per i quali era stato progettato, tanto è vero che la peste del 1524 registra ancora tanti decessi: centomila.

Intercorre una lunga pausa prima della successiva pandemia (1576), ma frattanto Carlo Borromeo trasforma il Lazzaretto in un vero e proprio ospedale, arredandolo persino con mobili prelevati dall’Arcivescovado e predisponendo locali d’accoglienza con letti, pagliericci non solo nel nosocomio ma in ogni zona della città. Non è un caso se  questa volta le vittime saranno alla fine solo ventimila.

La terribile peste manzoniana

Con l’arrivo della grande peste del 1630, che farà ben 25 milioni di morti in tutta Europa e verrà immortalata nelle pagine dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, il Lazzaretto è oramai un grande spazio che occupa un immenso quadrilatero di ben 150 mila metri quadrati, delimitato dalle attuali vie Lazzaretto, San Gregorio, viale Vittorio Veneto e corso Buenos Aires.

Al centro di tale quadrilatero c’è la chiesetta di San Carlo, detta San Carlino, per distinguerla da quella maggiore di corso Vittorio Emanuele; qui vengono accolte, consolate e per quanto possibile curate le infelici vittime dell’ultima peste ambrosiana. La struttura muraria rimarrà visibile per circa due secoli dopo l’ultima peste; oggi, ciò che resta sono una ventina di metri di muri finestrati in via San Gregorio.

In seguito il Lazzaretto diviene caserma, ospedale militare, scuola veterinaria. Nel 1797 Napoleone lo eleva a Tempio della Repubblica Cisalpina, con tanto di statua della libertà, ma il decreto del 23 luglio del 1857 ne stabilisce la cessazione e destina il grande spazio allo sviluppo urbanistico della città.

Libertas Dicendi n°298 del ‘Columnist’ Federico Formignani |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com

Caro lettore,

Latitudes è una testata indipendente, gratis e accessibile a tutti. Ogni giorno produciamo articoli e foto di qualità perché crediamo nel giornalismo come missione. La nostra è una voce libera, ma la scelta di non avere un editore forte cui dare conto comporta che i nostri proventi siano solo quelli della pubblicità, oggi in gravissima crisi. Per questo motivo ti chiediamo di supportarci, con una piccola donazione a partire da 1 euro.

Il tuo gesto ci permetterà di continuare a fare il nostro lavoro con la professionalità che ci ha sempre contraddistinto. E con lo stesso coraggio che ormai da 10 anni ci rende orgogliosi di quello facciamo. Grazie.